Siamo di nuovo in cammino e la meta è sempre quella
"Non sposteremo di una virgola il nostro impegno per fare dell’Italia un posto migliore". Francesco Nicodemo ragiona sul futuro dell'Italia e del partito Democratico.
Durante la settimana che si è appena conclusa ho ricevuto molti messaggi. Tante persone, più di quante potessi immaginare, hanno sentito il desiderio su messenger, WhatsApp e via mail di scrivermi. Ci penso, penso a tutto quello che è successo, istantanee di vita che scorrono veloci nella mia mente come un flashback continuo, poi ricordo questa frase: “Sentinella, quanto resta della notte? La sentinella risponde: viene il mattino, e poi anche la notte!” (Isaia, 21, 11). Rifletto, eppure non riesco ad essere triste.
Già, perché sono grato per quello che ho vissuto, per i posti che ho visitato, per le persone che ho conosciuto e per tutte le esperienze che ho maturato. Le conservo gelosamente e mi accompagneranno per molto tempo. Ovviamente mi dispiace per l’Italia perché sono ancora convinto che la riforma costituzionale avrebbe aperto le porte a un futuro migliore, tuttavia hanno ragione loro, quelli che l’hanno bocciata dal momento che la democrazia ha sempre ragione. Parafrasando le parole che un grande personaggio dei nostri tempi -Barack Obama – ha detto dal Rose Garden dopo il risultato delle elezioni presidenziali in Usa, tutti noi dobbiamo andare avanti presupponendo la buona fede dei nostri cittadini ed è così, rispettiamo la loro volontà prendendone atto.
Se non siamo stati in grado di spiegarci e di farci capire è solo colpa nostra. Anche questa è una lezione importantissima, almeno per me. Non è il tempo delle analisi, non ancora, chi le fa adesso vi prende in giro, nessuno poteva prevedere quello che sarebbe successo e infatti nessuno lo aveva previsto. Ci sarà il tempo di comprendere bene i nostri errori e di farne tesoro. Come sempre, il tema non è cadere, ma rialzarsi in fretta. Nelle prossime settimane quindi, voglio interrogarmi e provare a capire perché la mia generazione e il Sud hanno votato No, quali sono stati i nostri errori, cosa non ha funzionato nel rapporto tra racconto del cambiamento e percezione del cambiamento.
Lo voglio fare non solo perché senza il Sud e la mia generazione non si vincono le elezioni, ma soprattutto perché se non ricuciamo questo strappo la democrazia e le sue Istituzioni rischiano di subire un default di fiducia ancora più pesante. Diceva Zenone: «La ragione per cui abbiamo due orecchie ed una sola bocca è che dobbiamo ascoltare di più, parlare di meno». Ecco allora che voglio ascoltare chi ha votato Sì ma soprattutto chi ha votato No, perché ripartendo d a l l’ascolto forse saremo in grado di dare di nuovo risposte a chi è stato con noi e a chi è stato contro di noi. Perché continuo a pensare che siamo l’unica via possibile in questo Paese per una sano riformismo popolare che significa occuparsi di chi non ce la fa e non ostacolare chi si rimbocca le maniche.
E anche adesso, mentre tutto sembra così difficile, e quasi viene meno il coraggio, dopo tutto questo sentiero percorso insieme, fatto di cadute e di ripartenze, voglio dirvi con animo libero dal rancore e con sguardo sincero, che la meta è sempre quella, che non sposteremo di una virgola il nostro impegno per fare dell’Italia un posto migliore, che non dobbiamo avere paura di nulla, che siamo sempre quelli partiti 6 anni fa da una vecchia stazione con una valigia piena di idee e che non ci fermeremo certamente adesso, che siamo una comunità bella e allegra e continueremo a sostenerci l’un l’altro, che ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno. Noi andiamo avanti perché quando c’è una meta anche il deserto diventa strada come recita un proverbio tibetano e per noi vale esattamente così. Impareremo dai nostri errori, ci faremo guidare dai nostri principi, ritroveremo il nostro naturale entusiasmo e riprenderemo il cammino, anzi lo stiamo già facendo.