La leggerezza come valore

Del nuovo libro di Francesco Piccolo, Il Desiderio di essere Tutti, se ne fa un gran parlare, in queste settimane, perché apre alcuni interrogativi importanti sul senso dell'essere di sinistra, sull'incapacità di comprendere gli altri e i mondi che riteniamo lontani, fino all'incapacità di concepire la superficialità, la leggerezza, come un valore. 


Noi pensiamo sempre che c’è stato un passato miglio­re, in cui le persone si occupavano, tutte, di questioni im­portanti. Pensiamo che siano i nostri tempi a essere su­perficiali, perduti. È questa certezza che ha reso saldo il nostro istinto reazionario, in qualsiasi spazio di vita. Era meglio prima.Gli uomini primitivi, quando arrivava la luce del gior­no, uscivano dalle caverne e rischiavano la vita contro ani­mali ferocissimi, per procurarsi cibo. Ma si è scoperto che uscivano dalle caverne e rischiavano la vita anche per pro­curarsi coralli per fare le collane. Rischiavano allo stesso modo, sia per la sopravvivenza sia per la vanità.La superficialità ha diritto di esistere, quanto la profon­dità. La vita politica, la vita contemplativa e la vita dedita ai piaceri sono sempre esistite contemporaneamente, e la capacità di farle convivere è il compito di ogni individuo e di ogni comunità. È questo il problema in cui mi sono tro­vato alla mia nascita in quanto persona che sta nel mondo, e al quale non sono mai riuscito a dare risposta – rubavo la coca cola e contemporaneamente sentivo la grandezza di far parte dell’umanità. Gli esseri umani si preoccupano delle condizioni di vita nel mondo e cantano a squarciagola canzonette sotto la doccia. La sinistra, mi pare, ha impara­to a conoscere a fondo i grandi problemi di questo Paese (senza peraltro che questa conoscenza bastasse a risolverli); mentre è geneticamente maldisposta verso un’altra parte di Paese, preponderante per costume e forza, superficia­le, spensierata. Ed è cosí geneticamente maldisposta, che non sa nemmeno piú che Paese è. Finora questa lacuna era stata combattuta dicendo: stanno dall’altra parte del con­fine, non ci riguardano. Ma poiché questo è un solo Paese; poiché la Storia ha insegnato che la corresponsabilità degli accadimenti è di coloro che vincono e di coloro che per­dono, anche se non in parti uguali; poiché probabilmente in ognuno di noi al di qua del confine c’è una percentuale di superficialità, di spensieratezza e anche di mostruosità – che siamo sicuri di non avere, ma che abbiamo – è bene oltrepassarlo questo confine e andare a capire di là chi c’è, come si ragiona, cosa si fa. Portando il proprio sapere, i propri ragionamenti, le proprie soluzioni. La sinistra si deve occupare di procurare cibo per so­pravvivere e si deve occupare di procurare coralli per le collane. Se non fa entrambe le cose – come non ha fatto – diventa elitaria e dispregiativa.

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