L'Europa degli errori burocratici
Nel precedente approfondimento abbiamo letto del ritorno sulla scena politica di numerosi partiti e/o movimenti euroscettici. Quest'oggi cerchiamo di capirne i motivi.
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Ai piani alti della Commissione Ue, negli uffici dove si smista e controlla il tesoro dei fondi comunitari, la Calabria è definita un «evidente caso di limitata capacità amministrativa». A Reggio tutto si combina perchè gli sforzi producano magri risultati, «l’autorità responsabile per l’audit non fa bene il lavoro, quella di gestione lo fa solo in parte, molti beneficiari non sono in grado di realizzare correttamente i progetti». Non sorprende che Bruxelles, dopo aver studiato le carte, sia spesso costretta a bloccare i rimborsi allo Stato, che i denari li ha anticipati. Sarebbero soldi facili, sulla carta. Ci spettano e non arrivano, in tempo di crisi è un disastro, non c’è nemmeno il falso alibi della frode. Sono solo errori. Errori burocratici e operativi.
Succede anche fuori dalla punta dello stivale. Il risultato è che, stando all’ultimo conteggio, l’assegno comunitario che spetta all’Italia e che l’Italia non incassa è di 587 milioni: metà del necessario per rifinanziare la cassa integrazione. Nell’ambito del programma di interventi strutturali con cui l’Ue sostiene gli stati è una somma ridotta, eppure costituisce al contempo un indice di spreco e uno di cattiva grazia amministrativa, in breve lo specchio di ciò che da noi non va. «E’ una burocrazia farraginosa», riassumono a Bruxelles, un sistema che fatica a progettare, investire e persino a farsi pagare, «vittima di sé stessa più che del malaffare».
I numeri sono grigi, pur se qualcosa sta cambiando. Nel novembre 2011, al decollo del governo Monti con Fabrizio Barca, le nostre Regioni avevano consumato il 18% degli stanziamenti Ue per il periodo 2007-13 (53,6 miliardi). A marzo, siamo saliti al 40%. Di qui al 2015, termine ultimo per usufruire degli assegni a dodici stelle, dobbiamo riuscire a spendere 16,5 miliardi. Si può fare, anche se a Bruxelles si stima che un terzo della posta potrebbe non avere ancora una via di aggiudicazione precisa.
I meccanismi sono lineari e blindati. La formula standard prevede che l’Ue stanzi i soldi, a livello locale si predispongano i progetti, Bruxelles li approvi, e il governo italiano anticipi i finanziamenti. A cantieri chiusi, dalla Ragioneria viene la richiesta di rimborso alla Commissione che, a sua volta, verifica che carte e iter siano a posto, la natura delle opere e le ragioni degli appalti. Se qualcosa torna, si interrompe il pagamento, delibera tecnica che diventa politica quando sottoposta al Collegio dei commissari. A quel punto si chiama «sospensione», in vigore sino a che la documentazione non è completata.
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DoppiaM