Combattiamo il silenzio



C’è una domanda che non trova risposta. Perché in Italia ogni tre giorni una donna viene uccisa da un marito, un fidanzato, spesso compagni o ex compagni di anni di vita, padri di figli cresciuti insieme?

Ne abbiamo parlato spesso, sul nostro blog, raccontando la storia di queste donne e scrivendo più volte della necessità di una legge e di una seria politica contro il femminicidio, che comprenda anche aspetti educativi e preventivi. E ne avremmo parlato giovedì sera, nella serata poi annullata e rinviata ad altra data a causa del maltempo.Intanto, mercoledì in Regione Lombardia è stato approvato dalla Giunta regionale un atto di indirizzo a sostegno delle famiglie e dei componenti fragili, che stanzierebbe, tra l’altro, risorse in favore delle vittime di violenza da destinare con il sistema dei voucher (ossia direttamente alle donne).La vicepresidente del Consiglio regionale, Sara Valmaggi (vicepresidente del Consiglio regionale Pd), commenta così:

Ritengo positivo aver recuperato e stanziato risorse in favore delle donne vittime di violenza. Ricordo però che questo non basta. Le donne che subiscono violenza si trovano in uno stato di fragilità tale da avere bisogno di una rete di assistenza e di essere tutelate da situazioni a rischio della vita, non solo di un aiuto economico.

La legge contro la violenza sulle donne approvata il giugno scorso, frutto di un lavoro condiviso con le associazioni che operano da anni nel sostegno alle donne e gli enti locali, va in questo senso. Prevede l’istituzione di un tavolo condiviso che stili un piano di interventi e priorità e, a seguire, l’emanazione di bandi per destinare le risorse alle associazioni per l’accoglienza e il sostegno alle donne ma anche per la prevenzione, la formazione degli operatori coinvolti e delle forze dell’ordine, per percorsi educativi nelle scuole e per la raccolta di dati omogenei necessari ad una corretta interpretazione del fenomeno.

La legge prevedeva anche fosse stanziato un milione di euro nel 2012,
una somma andata perduta perché non erogata, che avevamo proposto fosse recuperata quest’anno con uno stanziamento doppio.

Il mio auspicio è che i fondi stanziati dalla Giunta si vadano ad aggiungere a quelli già previsti dalla legge contro la violenza sulle donne e non li vadano a sostituire. In caso contrario si tratterebbe di un modo per aggirare una buona legge che, se applicata, porterebbe non solo a un reale sostegno alle donne vittima di violenza ma anche alla prevenzioni dei reati.

Su questo tema vi segnaliamo anche l'intervento del Presidente della Camera Laura Boldrini su Repubblica di giovedì sul tema della violenza contro le donne, degli insulti sessisti e di come i giornali raccontino la questione

Ci sono almeno due concetti che potrebbero essere evitati nelle cronache ormai quotidiane sulla violenza contro le donne. Il primo è il concetto di “emergenza”. C’è infatti uno strano automatismo nel nostro Paese. Secondo il quale se episodi analoghi e gravi si ripetono con una certa frequenza vuol dire che si deve rispondere con una logica emergenziale. Ed invece nel bollettino quotidiano dell’orrore contro mogli, fidanzate o amanti c’è una violenza stratificata e con radici profonde. Più aumentano i casi, più si dovrebbe ragionare in termini di problema strutturale e quindi culturale.

Il secondo concetto è quello di ‘raptus’, riportato spesso nei titoli dei giornali. Quando però si va a leggere il pezzo si capisce che di improvviso non c’è stato proprio nulla. Ciò che è stato definito “raptus” era invece un gesto ampiamente annunciato. Penso ad uno degli ultimi casi: Rosaria Aprea, ventenne di Caserta, ridotta in fin di vita da un fidanzato geloso fino all’ossessione. Stordita dall’anestesia, ha avuto la forza di indicare il suo compagno come l’autore di quella violenza. Lo stesso che già due anni fa l’aveva mandata in ospedale, a furia di calci e pugni.

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DoppiaM

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