"Emergenza Nord Africa”. Che fine faranno i profughi arrivati in italia?


Il 28 febbraio finisce l’“emergenza Nord Africa”. Che fine faranno i profughi arrivati in Italia?

Cerca di spiegarcelo un approfondimento molto interessante e ben fatto del quotidiano online L'Inkiesta.

Non abbiamo soldi, non abbiamo un lavoro e non sappiamo dove andare. Il 28 febbraio terminerà l'emergenza Nord Africa e sulle migliaia di profughi, fortunosamente sbarcati sulle coste italiane nel 2011 per fuggire dalla guerriglia libica, incombe un futuro preoccupante. Sono i testimoni quasi inconsapevoli di un passaggio drammatico, lungo quasi due anni e minacciosamente imprevedibile, dall'emergenza Nord Africa a quella italiana: uomini, donne e bambini trasportati dagli eventi in un limbo di palpabile incertezza. Oggi qui, domani non si sa.

Henry è nigeriano, 30 anni, e anche lui, come molti, nel maggio del 2011, si è imbarcato a Tripoli per toccare terra a Lampedusa. Una settimana nel Cie dell'isola e poi via, a Manduria, Taranto, nel campo provvisorio, e per molti versi improvvisato, allestito dalla Protezione civile. Dopo 15 giorni, Henry è stato trasferito in provincia di Brindisi insieme ad un buon gruppo di suoi connazionali. Da allora, vive e sopravvive al “Greengarden”, una struttura alberghiera nelle campagne di Carovigno, adibita a centro di accoglienza per i profughi dei conflitti nordafricani. La sua storia è affine a quella di tanti. «Sono un elettricista - spiega - e ho lavorato in Libia per alcuni anni. Lì avevo uno stipendio dignitoso, intorno ai 1.000 euro. Vivevo bene e non avevo bisogno di altro. Ora non so cosa fare. Ci hanno detto che il 28 febbraio finirà l'emergenza Nord Africa e dovremo essere fuori da questo centro, altrimenti verrà la polizia a mandarci via. Il problema è che non ho soldi, non ho una casa, né un lavoro. Vorrei andare a Roma per cercare una sistemazione. Lì, forse, potrei lavorare. Chissà».

Henry il lavoro l'ha cercato a lungo; ma si sa, in alcune zone d'Italia, dove la diffidenza verso chi viene dall'altra parte del mare è quasi ordinaria, avere la pelle nera può fare la differenza. A lui, come ad altri, è stato negato questo diritto perché, «sì, magari sei anche bravo, ma avere un collaboratore africano può essere sinonimo di problemi».

Secondo i dati ufficiali della Regione, durante la fase di "emergenza" per le rivolte nordafricane, in Puglia sono state accolte 1.373 persone, delle quali 1.272 uomini. Molti originari della Nigeria, il 28%, del Mali, il 16 per cento, e del Ghana, il 14 per cento. Tutta gente che aveva la sua vita e il suo lavoro nelle zone devastate dalla guerriglia, soprattutto in Libia. In Italia, per gestire l'emergenza, lo Stato ha stanziato un totale di 1 miliardo e 300 milioni di euro. Sempre nel nostro Paese, in quest'ultimo anno e mezzo, sono stati accolti circa 26mila profughi, poi diventati meno di 18mila col passare dei mesi, e sono state esaminate circa 39mila richieste di asilo da parte delle Commissioni territoriali e delle loro Sezioni per il riconoscimento della protezione internazionale.

Dopo le prime settimane segnate dall'improvvisazione delle tendopoli, in Puglia, come su tutto il territorio nazionale, l'accoglienza dei profughi è stata affidata a centri Caritas, piccole cooperative o strutture turistiche, come hotel e residence. Sui criteri di smistamento si sa poco: di sicuro c'è che alcuni hanno avuto la fortuna di ritrovarsi in contesti dignitosi, altri no. La Protezione civile, incaricata di gestire l'emergenza, ha stanziato fino a 46 euro al giorno per ogni migrante; cifra con la quale ogni struttura ricettiva aveva l'obbligo di assicurare loro i servizi essenziali, dal cibo ai vestiti al cosiddetto “pocket money”: 2,50 euro al giorno. Gli unici soldi che ogni immigrato poteva gestire in maniera autonoma. E così, nella parvenza di un'ospitalità organizzata e di una nobile solidarietà si è consumato un altro dramma: quello dell'assistenzialismo.

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DoppiaM

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