"Ma questa è la mia gente"


Ivan Scalfarotto, vicepresidente del Partito Democratico,
ha pubblicato un libro, dal titolo Ma questa è la mia gente. 

Perché dedicare un post a questo libro? 

Perché dalle  interviste a leader, dirigenti e amministratori del Partito Democratico, ne esce grande ricchezza di esperienze personali e riflessioni interessanti.


Insomma ne esce il Pd.
Ed è un Partito diverso da come spesso viene raccontato. 

Questa diversità la si nota soprattutto
quando si leggono le interviste di amministratori locali.

Di seguito, tratte da quotidiano on-line il Il Post che fornisce un breve stralcio del libro, riportiamo de passaggi che testimoniano quanto sopra. 

In particolare l'intervista ad Ilda Curti, assessore al Comune di Torino, racconta di come il Partito Democratico sul territorio sia spesso migliore di quello che ritroviamo ai vertici nazionali.

Quella a Francesca Puglisi, membro della Segreteria Nazionale svela invece un particolare. Nel Pd i giovani ci sono, ma spesso (sempre?) le trasmissioni televisie preferiscono invitare le solite persone.

Buona lettura.


DoppiaM


Ilda Curti, assessore al Comune di Torino
E il Pd è ancora uno strumento di partecipazione? Lo sono i nostri circoli?

No. O lo sono in pochissimi casi. i nostri circoli sono luoghi stanchi ed è un vero peccato. Quelli che funzionano sono in genere quelli che hanno un segretario giovanissimo che ci mette il cuore, l’entusiasmo, la voglia. io vado spesso in giro, anche in paesi molto piccoli, perché la missione che mi sono assegnata è «contrastare la Lega nei suoi territori.» Così spesso vado in posti dove i circoli del Pd sono come cellule resistenti. in molti di questi posti vedi giovani, ragazzi, voglia di politica. il circolo in quanto luogo della partecipazione politica è finito...

Francesca Puglisi, membro della Segreteria Nazionale
Non chiama neanche me (Giovanni Floris, ndr), se può aiutare.

Non è certo colpa nostra. Però, vedi, io sento molto la responsabilità di essere una dirigente di questo partito, e vedo che per le cose di cui mi occupo sono diventata un punto di riferimento anche per molte persone più mature di me, che fanno politica da più anni di me o che sono impegnate nell’associazionismo scolastico. Detto questo, credo che nel paese ci sia poca capacità di fare squadra un po’ a tutti i livelli. Questo perché siamo cresciuti in un’ottica di competizione individualista tipica degli anni ottanta. Però, se ci pensi, il Pd non è un partito immobile come lo si dipinge: abbiamo tantissimi sindaci e amministratori locali giovanissimi; abbiamo segretari regionali e provinciali davvero giovani; una segreteria nazionale fatta interamente di quarantenni non parlamentari. Bersani si è riunito con noi tutti i martedì da tre anni in qua senza mai saltarne uno, e non ha convocato con altrettanta frequenza il coordinamento del partito, il cosiddetto «caminetto». Rivendico, dunque, con forza il mio ruolo di dirigente, e mi sembra che mi sia stata offerta l’opportunità di incidere nella vita del mio partito; nel determinare, per esempio, la linea politica sulla scuola. ci siamo dati un metodo di lavoro, che è quello di mettere davanti a tutto l’ascolto della società italiana, ciascuno per il proprio settore di competenza, e poi di votare democraticamente nelle assemblee nazionali un programma alternativo a quello della destra. Ma tutto questo lo abbiamo fatto noi, lo abbiamo fatto assieme come gruppo dirigente diffuso perché, oltre ai nostri martedì con Bersani, abbiamo sempre riunito i gruppi parlamentari, gli amministratori locali, una volta al mese tutti i segretari regionali e, con buona frequenza, tutti i segretari provinciali. Stiamo costruendo un partito che a me piace molto, in cui tanti e tante, se si avvicinassero per conoscerlo, potrebbero vivere, e a cui potrebbero partecipare con grande agio.

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