Servizio civile: ieri, oggi e domani.


Molti di voi si ricorderanno di quando il servizio civile nacque come alternativa volontaria al servizio militare obbligatorio, e si chiamavano “obiettori di coscienza” i giovani che sceglievano questa strada, non volendo avvicinarsi alle armi, una delle destinazioni possibili era proprio quella di mettersi a disposizione di un’associazione di tutela delle persone disabili.

Franco Bomprezzi dalle pagine de Il Corriere della Sera ci racconta del lento e inesorabile affievolimento, anche culturale, di una opportunità di formazione e di impegno civile. La causa? Le cifre sono impietose.

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Perché qui? Perché le persone disabili, e le associazioni che li tutelano, sanno benissimo di che cosa parlo. Ossia di un patrimonio inestimabile di relazioni, di conoscenza reciproca, di aiuto concreto, di formazione, di mutamento radicale di opinioni e perfino di vita. ù

Un impatto spesso duro, aspro, caratterizzato da diffidenza reciproca. I giovani obiettori, talvolta, non sapevano come fare, né cosa fare. Si trovavano all’improvviso alle prese con una carrozzina, con una persona esigente, determinata a farsi aiutare secondo le proprie regole, i propri tempi. Oppure un non vedente, o una persona con problemi di comunicazione, o intellettivi. Uno choc per chi magari sperava di essere assegnato a una biblioteca comunale, o a un lavoretto di routine, con pochissime responsabilità. Sempre meglio che fare il militare.

Ci sono tanti racconti, storie vere, che potrebbero oggi alimentare il fiume di chi vuole, chiede, quasi pretende, che non muoia per consunzione ragionieristica un’esperienza così forte e importante. Vorrei che venissero fuori, adesso, da coloro che nel tempo hanno visto la propria esistenza profondamente trasformata dal servizio civile. Molti infatti sono rimasti come volontari, alcuni addirittura (e non pochi) hanno trovato la loro strada professionale, lavorando negli enti non profit, nelle cooperative sociali, ma anche nelle grandi realtà del fund raising, delle charities italiane. Uomini, e adesso donne, che non tornerebbero indietro per nulla al mondo.

E d’altra parte le associazioni assistono quasi impotenti al lento e inesorabile affievolimento, anche culturale, di una opportunità di formazione e di impegno civile che nel passato, anche recente, ha consentito a molte di loro di tenere in vita progetti su temi cruciali e difficili da gestire, come il tempo libero, le vacanze, lo sport, la partecipazione alla vita sociale e pubblica, l’autonomia personale.

Le cifre sono impietose: le risorse per il servizio civile sono passate dai 296 milioni di euro del 2007 ai 68,8 milioni di euro del 2012, e mentre nel 2007 il bando riusciva a coprire le richieste di 57 mila giovani, adesso ci si ferma sotto la soglia di diecimila.

Il tutto erodendo addirittura gli stanziamenti per l’anno prossimo, come ha ammesso il ministro Riccardi. Ora c’è una proposta lanciata dal settimanale Vita, una petizione per lanciare il servizio civile universale, attingendo a risorse pubbliche e private, profit e non profit. Una proposta che ha raccolto l’interesse politico trasversale di Romano Prodi, Enrico Letta, Maurizio Lupi. Può essere un punto di partenza importante. Ma deve uscire dalla rete degli addetti ai lavori, e tornare ad essere un tema di tutti, della nostra società, per i giovani e per i meno giovani.

Perché anche il servizio civile non sia InVisibile.
Raccontiamo, tutti insieme, questa storia sommersa, ma bellissima.

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