La campagna "Diritto di scelta"


"Sono approdati sulle nostre coste durante il conflitto in Libia, per fuggire alle violenze o perché costretti a imbarcarsi dalle milizie di Gheddafi".

Comincia così l'appello lanciato dalla campagna "Diritto di scelta" per chiedere "l'immediato rilascio di un titolo di soggiorno umanitario" agli oltre 21mila richiedenti asilo giunti nell'ultimo anno dall'Africa e smistati nelle varie regioni italiane dalla Protezione civile.

Centinaia di enti in tutta Italia, in modi diversi, stanno provvedendo alla loro ospitalità, al di fuori del circuito del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.

Ma ogni sforzo, ogni risorsa messa a disposizione, ogni percorso di inserimento, rischia di risultare vano senza la garanzia di un futuro, senza la prospettiva di un titolo di soggiorno che permetta loro di scegliere se stare o ripartire, se tornare in Libia o al proprio paese d'origine.

Pur provenendo dalla Libia, sono nati in Somalia, in Eritrea, in Ghana, in Nigeria, nel Mali, nel Ciad, in Sudan, in Costa d'Avorio, in Bangladesh o in Pakistan, per questo rischiano di vedere rigettata la loro domanda d’asilo dalle commissioni territoriali che già stanno procedendo al diniego nella stragrande maggioranza dei casi.

I ricorsi, molto onerosi, non saranno comunque in molti casi sufficienti, così, dopo aver subito la violenza delle torture libiche o la minaccia dei bombardamenti, il destino di migliaia di persone rischia di essere l’irregolarità.

Non possiamo permettere che nelle nostre città, nei quartieri e nelle strade che abitiamo, sia ancora una volta alimentato lo spazio d'ombra della clandestinità, consegnando migliaia di donne e uomini allo sfruttamento o ai circuiti della criminalità.

Per questi motivi da oggi parte una mobilitazione per raggiungere le 10.000 firme, da consegnare al Ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri, con la richiesta di concessione di questo permesso, così come è già stato fatto in altre occasioni. Sono già tantissimi (oltre 8.000) quelli che hanno firmato, comprese le associazioni, gli amministratori locali e le realtà diocesane.


E' una questione di dignità, di democrazia e di giustizia. E per evitare che in futuro si gridi alla clandestinità e si alimentino paure, magari solo "elettorali".

Per saperne di più e firmare l'appello andate qui.

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