La manovra: perchè siamo arrivati qui


Prima di affrontare il giudizio sulla manovra varata dal governo di Mario Monti in pochi giorni (lo faremo nel prossimo post), è importante ricordare come siamo giunti a questo punto, perché ci siamo arrivati e chi porta su di sé la colpa del disastro.

Perché Monti e il suo governo hanno approvato questa manovra davvero pesante? Chi ha portato l’Italia nella condizione di dover fare questo?

Basta un breve pro memoria sugli ultimi anni.

2006: Il governo Prodi, appena insediato, trova un buco terrificante nei conti pubblici, lasciati dal precedente governo Berlusconi. Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, Vincenzo Visco e Pier Luigi Bersani presentano una manovra da 30 miliardi di euro, con misure stringenti contro l’evasione fiscale, liberalizzazioni e anche riduzioni di imposta e di contributi (5 miliardi di taglio dei cuneo fiscale, cioè del costo del lavoro per imprese e per i lavoratori).

2007: altra finanziaria con misure contro l’evasione fiscale, ma contemporaneamente, per alleggerire la pressione del fisco sui redditi bassi, via l’Ici per le case dei meno abbienti, sgravi per i figli che studiano fuori sede e così via). Di fronte all’operazione risanamento-rilancio la destra insorge (ricordate le campagne contro il grande fratello del fisco?). Cade il governo Prodi.

Nel 2008 la destra vince le elezioni. Il centrosinistra ricorda che c’è la crisi e che le risorse recuperate con il recupero dell’evasione (perché allora c’è stato recupero concreto dell’evasione) vanno impegnate per sostenere la ripresa. Berlusconi le spende per togliere l’Ici sulle case dei più ricchi. Fanno il condono al 4 per cento sugli esportatori di capitali. Si salva l’Alitalia con i soldi pubblici. Vengono cancellate tutte le norme di contrasto all’evasione fiscale e che stavano portando nuove risorse. Viene interrotto lo studio delle spese pubbliche (la spending rewiew).

Poi, per tre anni, “Va tutto bene”, “stiamo meglio degli altri”, “La crisi è passeggera”. Fino a luglio, dopo le elezioni, quando finalmente il Governo ammette che la crisi c’è e fa una prima manovra. Mezza finta e tutta rinviata come sacrifici a dopo le elezioni del 2013. Ad agosto, quando i mercati si accorgono che le manovre approvate sono finte, altra manovra imposta questa volta dall’Europa: voci, passi in avanti, ripensamenti, scontri interni, fino all’epilogo. La nuova manovra ha ancora un buco di 20 miliardi di euro per raggiungere quello che Berlusconi e Tremonti hanno promesso da tempo all’Europa: il pareggio di bilancio.

Senza questa storia non si capisce perché
l’Italia oggi è ad un soffio dal fallimento.

L’Italia è a un soffio dal fallimento perché ha un debito enorme e deve continuamente rivolgersi ai mercati per poter rinnovare il proprio debito. Ma ormai non le crede più nessuno. Gli investitori (creditori) non si fidano più. E se l’Italia, che deve rinnovare 200 miliardi di euro di titoli di debito entro aprile, non riesce a ottenere i soldi che le mancano a prezzi ragionevoli si avvita e fallisce.

Ecco dunque il punto a cui siamo arrivati.

Senza contare che siamo così importanti da rischiare di trascinarci dietro l’Europa e l’euro. Monti è stato chiamato a fare una manovra per evitare il fallimento. Ma il fallimento lo hanno provocato Berlusconi, Bossi, la destra trionfante al governo e l’ideologia eroica dell’uomo ricco, potente, senza regole, che non ha bisogno di cultura, di fatica, di studio per trionfare, perché dotato di forza, di fascino e prepotenza. Ora Berlusconi si tiene in disparte e lascia bruciare Alfano, mentre Bossi si rimette i panni dell’arme per ricostruire chirurgicamente la verginità perduta dalla Lega nelle votazioni delle leggi vergogna, mentre l’Italia andava in declino verso il default.

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