Francesco Azzarà, i marinai della Savina Caylyn e la Rosalia D'Amato.


Nel giorno in cui a Palazzo Marino la giunta milanese espone uno striscione con l'invito alla liberazione di Francesco Azzarà, l'operatore di Emergency rapito in Darfur (qui, il racconto sul nostro blog) il pensiero non può non rivolgersi anche agli 11 marinai italiani della Savina Caylyn e della Rosalia D'Amato nelle mani dei pirati somali.



Drammatiche infatti le telefonate dai marittimi italiani a bordo della Savina Caylyn, intercorse con i familiari nella giornata di giovedi. Tutti hanno chiamato a casa i rispettivi parenti.

La situazione è sempre più drammatica e a oltre sette mesi di distanza dal sequestro, si registra soltanto l’immobilismo delle nostre istituzioni e dell’armatore che fa orecchie da mercante di fronte ad un dramma su cui ancora non sappiamo quando sarà messa la parola fine.

"Ormai ci tengono tutti legati in un angolo della nave e non mangiamo neanche tutti i giorni", ha raccontato il Comandante Lubrano nella breve e coincisa telefonata alla moglie. "Viviamo momenti di ansia e tensione ogni volta che un elicottero sorvola la nave - ha aggiunto il comandante - i pirati si innervosiscono e mitra alla mano ci costringono a stare immobili. Aiutateci!".

Era l'8 febbraio scorso quando la petroliera italiana Savina Caylyn di proprietà della società armatrice napoletana Fratelli D'Amato, fu sequestrata da cinque pirati nell'Oceano Indiano, vicino all'isola di Socotra. Il primo fax di aiuto arriva a maggio "Siamo allo stremo delle nostre forze mentali e fisiche. Ci appelliamo alla vostra pietà e a quella di tutto il popolo italiano". Nel messaggio anche un appello perché il governo italiano pagasse la somma che gli armatori non avevano la possibilità di assicurare ai pirati per il rilascio: 16 milioni di dollari.

DoppiaM

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