Cosa succede nei CIE?
Ieri pomeriggio alcuni immigrati hanno appiccato un incendio all’interno del Centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Lampedusa.
Approfittando del caos dato dall’emergenza, circa 800 persone sono fuggite dal Centro, cercando riparo nelle altre zone dell’isola. Circa la metà degli immigrati fuggiti sono stati ritrovati dalle forze dell’ordine già nel tardo pomeriggio di ieri, gli altri nella serata.
Decine di extracomunitari ospitati nel CIE chiedevano da giorni di essere trasferiti sulla terraferma, lamentando le difficili condizioni all’interno del centro di accoglienza. Da giorni numerose associazioni, segnalavano i rischi legati alla crescente tensione nel CIE, che avrebbe potuto portare ad atti violenti.
Ma cosa sta succedendo nei CIE?
Proprio qualche giorno fa, prima della rivolta, il quotidiano online L'Inkiesta aveva approfondito la questione.
Da aprile una circolare del Ministro dell’Interno impedisce l’accesso agli operatori dell’informazione, oltre che ai legali e ai parenti nei CIE. “Per non intralciare le attività” si legge sulla circolare.
Video e racconti che parlano di pestaggi, famiglie spezzate, suicidi, violazioni dei diritti e condizioni disumane. Camionette e sbarramenti, tenute antisommossa e fili spinati. Dall’altra parte della recinzione abbiamo visto anche minori non accompagnati che avrebbero tutto il diritto di uscire. Se noi non possiamo entrare, sono le voci e i racconti a uscire. Con i cellulari, le memorie digitali e i foglietti scritti a mano.
Tante testimonianze, tutte agghiaccianti.
Un tunisino e una olandese. Nizar e Winny si erano conosciuti in Grecia mentre lei era in vacanza e lui lavorava in un villaggio turistico. Dopo il matrimonio, si sono trasferiti a vivere in Tunisia. Lei – 23 anni – rimane incinta e intanto scoppia la rivoluzione dei gelsomini. Col passaporto olandese si può partire, con quello tunisino no. La burocrazia li separa, lei torna in Olanda. Per Nizar – dopo il rifiuto del consolato – l’unica via è il solito barcone per Lampedusa, quindi il trasferimento nella tendopoli messa su a Trapani Kinisia. Medici Senza Frontiere ne aveva chiesto l’immediata chiusura: «Manca l’elettricità, le condizioni igieniche sono pessime e l’accesso all’acqua saltuario». Lei va da Eindohven fino in Sicilia, ma non possono ripartire insieme. Anzi, non possono neppure vedersi. L’unico modo per stare insieme è una fuga di poche ore, prima che lui venga catturato e lei sia minacciata di una denuncia per favoreggiamento. «L’Italia tiene suo marito tunisino in una tendopoli» è il surreale titolo che un giornale olandese dedica a Winny.
Quando il caso è ormai conosciuto internazionalmente, il tribunale di Agrigento ammette che l’espulsione è illegittima: Nizar può circolare liberamente perché è sposato con una cittadina comunitaria. Le coppie miste sono una realtà che la legge ostacola in tutti i modi. Sono tante le storie di tunisini costretti a raggiungere la fidanzata o la moglie rischiando la vita in mare dopo il rifiuto del visto.
Continua a leggere sul sito de L'Inkiesta, per capire come siamo arrivati alla rivolta di ieri.
DoppiaM