Acqua privata? No, grazie. Molto meglio la gestione pubblica!
In vista dell'appuntamento del 12 e 13 giugno con i referendum su acqua pubblica, nucleare e legittimo impedimento, Altraeconomia ha realizzato un dossier che sfata, punto per punto, tutte le false credenze nate intorno alla privatizzazione del servizio idrico italiano.
Il dossier si trova qui.
Gli acquedotti pubblici non sono affatto dei "colabrodo". E gestione privata il più delle volte fa rima con bolletta salata.
Il peggior acquedotto, quello che disperde più acqua, è quello di Roma, affidato ad una società quotata in Borsa. Quanto agli investimenti, per i prossimi 30 anni servono circa 64 miliardi di euro per la manutenzione e l'ammodernamento delle reti idriche di casa nostra. Per fare questi lavori, le società private scaricheranno l'investimento sulle bollette, come previsto dalla legge. E se i costi di tutti gli investimenti sulla rete acquedottistica finiranno in bolletta, l'unico modo per evitarlo sarebbe pretendere tariffe più basse, che però porterebbero ad un blocco degli investimenti.
La privatizzazione della gestione dell'acqua prevista dal decreto Ronchi ha dunque di fatto provocato un aumento dei costi.
A dimostrarlo sono anche le cifre del rapporto Blue Book, che ha pensato di confrontare le tariffe della gestione privata con quella pubblica. Risultato? Nel primo caso sono aumentate del 12% rispetto alle previsioni, nel secondo il dato è rimasto quasi costante (solo l'1% in più).
Anche l'annuale dossier dell'Osservatorio Prezzi & Tariffe di Cittadinanzattiva ha confermato che dal 2008 il costo dell'acqua non ha fatto che aumentare.
Insomma, c'è solo una cosa da fare:
votare SI ai referendum contro la privatizzazione dell'acqua.
Passaparola!