La ferita

Era il 2001. Precisamente luglio; da giovedì 19 a domenica 22.
Iniziavo in quegli anni ad interessarmi di "politica". Durante quell'estate mi incuriosiva ciò che stava accadendo a Genova.

Il G8 stava dando un’occasione storica affinché diversi movimenti si riunissero, per provare qualcosa di nuovo che da molto (dal movimento della Pantera?) si muovevano in ordine sparso.
Come definirli? soggetto politico? tute bianche più no global più centri sociali?

Comunque non divaghiamo, anche perchè le definizioni purtroppo tendono ad ingabbiare e impoverire.
Dicevo, quello che allora mi incuriosiva erano questi soggetti che mettevano al centro dell'attenzione della scena pubblica l'impegno per i temi dell’immigrazione e della precarietà.

Sappiamo poi a Genova cosa è successo.
Quell'esperienza da allora non si ripeterà più. Chissà cosa sarebbe successo senza la ferita mortale di Genova. Chissà se quel movimento sarebbe sopravvissuto alle pulsioni violente...

Tutta questa premessa per raccontarVi che qui ho iniziato a leggere il libro di Marco Imarisio sul G8 di Genova, che si chiama “La ferita” (Feltrinelli).

Marco Imarisio non è un'estremista. E' semplicemente un giornalista, forse tra i più bravi, ed inviato del Corriere della Sera.
Seguì le manifestazioni di Genova, occupandosi poi delle inchieste e dei processi relativi ai pestaggi della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto.

Al di là di come la pensiate, di quale sia la vostra idea il vostro percorso leggetelo. Di seguito alcuni stralci.

DoppiaM

"Entro in quel posto alle 0.15. Ho bisogno di aria pulita nei polmoni, come tutti gli altri. È stata una giornata lunga. E brutta. Ho visto i Black Bloc che sradicavano i pali della segnaletica stradale per usarli come mazze, sono fuggito dalla prima e unica carica dei carabinieri contro di loro, lasciandomi dietro una ragazza che mentre correva alla cieca nel fumo dei lacrimogeni si è schiantata contro un gradino di cemento, e aveva la gamba destra piegata in un angolo innaturale, c’era un osso che spuntava dalla pelle..."

"...Dall’altra parte, sotto i portici, c’era una lunga processione di uomini e donne stremati che si erano appoggiati al muro e si lamentavano e gemevano chiedendo soccorso ai medici volontari. C’erano strisciate di sangue sul marmo del marciapiede e qualcuno ci scivolava sopra, e un carabiniere che correva dando manganellate alla gente inerme; sembrava la scena del treno di Amici miei, ma era tutto molto diverso, a un certo punto il carabiniere ha colpito la borraccia di una donna a terra facendogliela schizzare via dalla mano e la bottiglietta è finita in faccia a un dottore che stava mettendo una garza sul braccio di un ragazzo ferito..."

"All’uscita ripercorro il vialetto a piedi. Quando sono a metà sento il rumore di un motorino dietro di me e poi vengo sfiorato da un sasso. “Sei solo una merda.” Lo scooter si ferma qualche metro davanti a me. Il poliziotto calmo è alla guida. Scende, parla con il suo amico, gli punta il dito in faccia intimandogli di non muoversi e poi si dirige verso di me. “Ti chiedo ancora scusa, queste cose non devono succedere. Comunque tu la pensi, non doveva fare quella scena, mi vergogno per lui.” È un uomo alto, dai capelli tagliati corti, tiene un borsello a tracolla. Parliamo, ci scambiamo qualche impressione. “Che disastro,” dico io, non mi viene in mente nulla di meglio. “Che disastro,” replica lui.

Il poliziotto sembra davvero dispiaciuto, non solo per l’episodio all’interno dello stanzone. “Adesso ci odieranno tutti,” dice. E annuisce, come se non avesse bisogno di replica. Come ti chiami, cosa fai? Prima dei saluti frettolosi, perché dal motorino l’amico lo sta chiamando con insistenza, “Non perdere tempo con quella testa di cazzo”, ci scambiamo i nomi e le professioni. Lui vive a Roma, fa ordine pubblico. Ogni domenica allo stadio. È un agente del settimo reparto mobile, il suo capo si chiama Vincenzo Canterini. “È una gran brava persona,” assicura."

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