Così conquisteremo il futuro


Questa notte Barack Obama ha tenuto davanti al Congresso il suo secondo discorso sullo Stato dell’Unione.

Sul
Post di questa mattina potrete leggere alcuni stralci, i più significati, dell'intervento.

Sotto ho riportato i passaggi più toccanti. Mentre leggete pensate alla situazione attuale in Italia ed alle telefonate/video di Berlusconi.

«Dipende da noi»
Quello che verrà da adesso in poi non sarà determinato dal fatto che siamo seduti vicini stasera ma dal fatto che potremo lavorare insieme domani. Io credo che possiamo. Io credo che dobbiamo.

«Il mondo è cambiato»
Non ci sono lavoratori più produttivi dei nostri. Non c’è un paese che abbia più aziende di successo o che registri più brevetti a inventori e imprenditori. Siamo la casa dei migliori college e delle migliori università del mondo: gli studenti vogliono venire a studiare qui più che in qualsiasi altra parte della Terra.

«Innovazione»
La prima cosa da fare per conquistare il futuro è incoraggiare l’innovazione. Nessuno può prevedere quale sarà la prossima grande industria, da dove verranno i nuovi posti di lavoro. Trent’anni fa non sapevamo che una cosa chiamata Internet avrebbe portato a una rivoluzione economica. Quello che possiamo fare – e che l’America fa meglio di chiunque altro – è lasciare sprigionare la creatività e l’immaginazione della nostra gente. La libera imprenditoria guida l’innovazione.

Per questo, voglio dire una cosa ai giovani che ci ascoltano stasera e stanno riflettendo sul loro futuro: se vuoi fare la differenza nella vita del tuo paese, se vuoi fare la differenza nella vita di un bambino, diventa un insegnante. Il tuo paese ha bisogno di te.

«Non ha senso»
Oggi ci sono centinaia di migliaia di studenti che eccellono nelle nostre scuole ma non sono cittadini americani. Alcuni di loro sono figli di immigrati clandestini, e non hanno responsabilità per le azioni dei loro genitori. Sono cresciuti come americani, sono fedeli alla nostra bandiera e intanto vivono ogni giorno con la minaccia della deportazione.

«La storia di Brandon Fisher»
Possiamo avere differenze nelle politiche da adottare, ma crediamo tutti nei diritti espressi dalla nostra Costituzione. Possiamo avere opinioni differenti, ma crediamo nella stessa promessa che dice che c’è un posto in cui ce la puoi fare, se ci provi. Possiamo avere storie differenti, ma crediamo nello stesso sogno che dice che questo è il paese in cui tutto è possibile. Non importa chi sei e da dove vieni. Quel sogno è la storia di un piccolo imprenditore che si chiama Brandon Fisher.
Brandon ha aperto la sua azienda a Berlin, in Pennsylvania: è specializzato in una nuova tecnica di trivellazione. Un giorno, l’estate scorsa, ha sentito che dall’altra parte del mondo trentatré persone erano rimasti intrappolati in una miniera in Cile e nessuno sapeva come salvarli. Brandon ha pensato che la sua azienda poteva dare una mano. Ha progettato un sistema di salvataggio che poi è diventato noto come Plan B. I suoi operai hanno lavorato senza soste per costruire la strumentazione necessaria. Poi Brandon è andato in Cile. Insieme ad altri, ha cominciato a trivellare senza soste, lavorando tre o quattro giorni senza dormire. Trentasette giorni dopo il Plan B ha funzionato e i minatori sono stati salvati. Ma siccome non gli piace stare al centro dell’attenzione, Brandon era già tornato a casa, lavorando al suo nuovo progetto. Pochi giorni dopo, uno dei suoi impiegati ha detto: “Abbiamo dimostrato che Center Rock è una piccola azienda, ma fa grandi cose”. Noi facciamo grandi cose. Dai primi giorni della nostra fondazione, l’America è la storia di gente normale che osa sognare. Così conquisteremo il futuro.

DoppiaM

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