In un paese normale...

In un Paese non dico normale, ma meno che normale, la vera notizia di oggi sarebbe che Berlusconi ha attaccato tutti i suoi più cari amici e sodali.

Il premier ha puntato il dito contro le macchine “di odio”, e di sicuro a Vittorio Feltri saranno fischiate le orecchie. Ha promesso “lotta dura” al crimine organizzato, e alcuni dei suoi avranno certamente tremato. Ha elogiato la “grande squadra che si chiama Stato”, facendo scricchiolare tutte le poltrone di quelli che in questi mesi hanno attaccato Quirinale, magistrati inquirenti, membri della Consulta, giudici dei Tar.

Non solo. In un paese meno che normale si direbbe che il nuovo Berlusconi ha scelto la Camera per dire che il Parlamento deve essere “forte”, il che suona come un inequivocabile j’accuse al ministro Elio Vito, che negli ultimi due anni ha chiesto la fiducia una settimana sì e una no.

Di più. Se il Cavaliere ha detto, come ha detto, che il Parlamento deve essere “libero”, avrà di che preoccuparsi il repubblicano Nucara, tessitore di compravendite di dubbia moralità.

In un Paese meno che normale, la conseguenza naturale di questo discorso dovrebbero essere le dimissioni immediate di mezzo governo e mezzo Parlamento, oltre che il pensionamento anticipato di faccendieri e coordinatori vari. Non accadrà, e a tutto ciò purtroppo si è fatta l’abitudine.

Spiace solo constatare che questa Italia molto meno che normale ha perso anche la sua proverbiale ironia.

Altrimenti, quando Silvio Berlusconi ha pronunciato in aula la parola “Stato” la seduta sarebbe stata sospesa causa gigantesca e liberatoria risata.

Marco Bracconi, Politica - pop, Repubblica.it

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