Il federalismo senza soldi

Dunque, facciamo un riassunto.

Del federalismo al Governo si occupano i Ministri delle Riforme (Bossi), della semplificazione (Calderoli), delle Regioni (Fitto), dell'Economia (Tremonti), della Pubblica Amministrazione (Brunetta) e poi ovviamente il neo ministro del Federalismo (Brancher), senza dimenticare il Premier.

Ieri, a Pontida, Bossi ha voluto precisare che l'unico vero Ministro del Federalismo è lui (ma l'ha detto agli altri?).

In mezzo a tanti dubbi, almeno una certezza c'è: per attuare il federalismo non ci sono i soldi.

Non lo dice quel vecchio comunista cattivo di Bersani, non è un retroscena politico di qualche giornalista che sarà presto smentito.

E' una dichiarazione ufficiale del Governo. Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, la scorsa settimana, alla Camaera dei Deputati, rispondendo nel corso del question time ad una interrogazione sulla manovra finanziaria, ha affermato testualmente:
"Il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha espresso l'avviso che la norma sul federalismo fiscale ha carattere esclusivamente programmatorio, atteso che, se così non fosse, occorrerebbe o aumentare la compartecipazione delle Regioni ai tributi erariali o incrementare la pressione fiscale a carico dei cittadini".

Uscendo da un linguaggio un po' tecnico, Vito ha detto una cosa semplice: le norme sul federalismo fiscale sono programmatorie e non hanno copertura economica. Per averla o aumentano i trasferimenti dello Stato alle Regioni (ma la manovra, in realtà, li diminuisce), oppure le Regioni devono tassare i cittadini.

Grazie al Ministro Vito per la chiarezza. E addio al federalismo.
E complimenti alla Lega, che sui territori si riempie la bocca di federalismo, ma poi a Roma dorme, e non si accorge che il federalismo non arriva più...

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