La casa in cui si combatte la violenza sulle donne
L’ingresso del centro antiviolenza Lucha y siesta, giugno 2017. (Sara Cervelli) Jasmine ha ventidue anni e due vite. Ha dipinto le pareti della sua stanza di verde e di rosso per ricordarlo: in basso ha disegnato con il pennello una striscia rosso scuro come il suo vestito da sposa. In alto ha dipinto una striscia verde come il giardino della casa dove abita nella sua nuova vita, quella che è cominciata quando è scappata dall’appartamento dove era stata rinchiusa dal marito in una città dell’Italia del nord. Jasmine non è il suo vero nome, ma per ragioni di sicurezza non può rivelare la sua identità. Fa fatica a ricordare i particolari del primo e del secondo tempo della sua storia, ma non dimentica le date: si è sposata due giorni prima del suo diciottesimo compleanno nel 2013. Tre anni dopo – nel 2016 – è entrata per la prima volta a Lucha y siesta , nella periferia est di Roma, un centro antiviolenza e una casa delle donne fuori dai canoni, “un progetto di semiautonomia”, come l