Post

Visualizzazione dei post con l'etichetta Fiat

Made in Italy

Immagine
Il quotidiano online L'Inkiesta propone questa settimana due interessanti approfondimenti sull'industria italiana. Il primo articolo che vi proponiamo riguarda l'industria "dell'automotive" ed in particolare Fiat . Il reportage è firmato Saro Capozzoli fondatore della società di servizi Jesa Investment e lavora in Cina da molti anni. Su Linkiesta racconta della storia di FIAT in Cina, di certe valutazioni errate fatte trent’anni fa, del percorso fatto in questi anni e di come adesso si cerchi di colmare il terreno perduto lanciando la 500. «In Cina non avete le strade, dove pensate di metterle le auto?». Era il 1982 e fu questa la risposta dei vertici di Fiat ai cinesi che proponevano una joint venture per portare le auto di Torino a Pechino. Trent'anni dopo l'85% del mercato cinese è occupato da marchi stranieri. Fiat è così arrivata tardi, ha sbagliato le alleanze e ora punta ad un misero 2%. Per raggiungerlo Marchionne vuole portare in Cina

La lunga notte di Torino

Immagine
La lunga notte del referendum sull'accordo contrattuale si chiude con la vittoria del sì: dopo uno scrutinio durato circa 9 ore, con un vero e proprio testa a testa, l’accordo su Mirafiori è stato approvato con il 54% di voti favorevoli. Decisivo il voto degli impiegati. Al voto, iniziato con il turno delle 22 di giovedì, hanno partecipato 5.119 lavoratori, oltre il 94,2% degli aventi diritto. Il sì ha ottenuto 2.735 voti, pari al 54,05%. A votare no sono stati invece in 2.325 (45,95%), 59 le schede nulle e bianche. Nei primi seggi scrutinati, quattro del reparto montaggio e uno della lastratura, dove la Fiom è tradizionalmente forte, ha prevalso il no. Poi la situazione si è rovesciata: al seggio 5, quello degli impiegati, su 449 iscritti hanno votato in 441 e 421 hanno a favore dell’accordo. Ma anche nel conteggio complessivo dei soli operai, il sì ha prevalso anche se soltanto per 9 voti. Fra le oltre 4.500 tute blu, al montaggio e alla lastratura si è registrato il 53% di no

Le parole irresponsabili di B.

Immagine
Berlusconi, dalla Germania (dove si trova in visita ufficiale), ha affermato che, in mancanza di "esito positivo" del referendum di Mirafiori, "le imprese e gli imprenditori avrebbero buone motivazioni per spostarsi in altri paesi" Durissima la reazione del segretario del Pd Pierluigi Bersani: " E' una vergogna incredibile. Lui non se ne accorge perché è miliardario, ma noi paghiamo al premier uno stipendio, anche se a lui sembrerà misero, per occuparsi dell'Italia e per fare gli interessi dell'Italia. Non per fare andare via le aziende. E' una vergogna incredibile sentirgli dire queste cose". A stretto giro arriva anche la denuncia di Susanna Camusso segretario CGIL: "Mi piacerebbe che il mondo delle imprese e della politica oggi dicesse che, se questa è la sua idea del Paese, è meglio che se ne vada. Non conosco nessun presidente del consiglio di nessun altro paese che dice questo, che il più grande gruppo industriale di quel

Fiat: sì agli investimenti, no agli strappi sulle regole

Immagine
Fabbrica Italia prospetta importanti potenzialità di lavoro, reddito, qualità sociale per i territori direttamente interessati e per il nostro paese. Gli investimenti previsti, in larga misura indefiniti ed incerti, sono preziosi, irrinunciabili , a Torino come a Pomigliano, tanto più in una fase di prospettive anemiche di crescita e di occupazione. Sul piano delle regole della rappresentanza e della democrazia si compiono invece strappi ingiustificabili, mentre non si fa alcun passo avanti per la partecipazione dei lavoratori nell’impresa. Non sono accettabili illusorie scorciatoie – quali la fuoriuscita dal sistema confederale di rappresentanza – volte a negare diritti di rappresentanza ai sindacati che, attraverso il voto e gli iscritti, nelle forme autonomamente decise dagli accordi interconfederali, rappresentano lavoratori. Il conflitto sorto intorno alle vicende di “Fabbrica Italia” si sarebbe potuto ridimensionare in presenza di un governo impegnato a sostenere i profondi p

Mirafiori: Fassina, “Accordo regressivo, servono regole per la democrazia sindacale”

Immagine
“L'accordo separato su Mirafiori, dopo quello di Pomigliano, non può essere giudicato un successo da nessuno. E’ un accordo regressivo .” Lo afferma Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd. “Innanzitutto , - prosegue Fassina – è frutto di una drammatica asimmetria nei rapporti di forza tra capitale finanziario libero nella dimensione globale e lavoro prigioniero della dimensione locale. Ma, è anche frutto di regole della rappresentanza inadeguate e di inadeguate regole della democrazia nei luoghi di lavoro. L’accordo, di fatto, apre allo smantellamento del contratto nazionale, alla negazione della democrazia sindacale, alla concorrenza al ribasso sulle condizioni del lavoro.” “Per ricondurre le newco Fiat al perimetro interconfederale e del contratto nazionale – continua Fassina – ed evitare una deriva perdente per tutti, di fronte ad un governo impegnato a far regredire i diritti dei lavoratori, i livelli di rappresentanza confederali dovrebbero al più presto