Così consegniamo ai nostri ragazzi le chiavi del futuro


Se non tutto è andato bene, siamo pronti a migliorarlo, ma non chiedeteci di fare un passo indietro, ci racconta  


Ci sono due numeri che chi si occupa di scuola non può trascurare: il primo è 14,7% e riguarda il tasso di dispersione scolastica in Italia, indubbiamente in calo ma ancora troppo alto; il secondo è 62% e indica i ragazzi che iniziano ad andare a scuola in questi anni e che faranno lavori che oggi non esistono. Cosa deve fare la scuola e chi se ne occupa per dare risposte efficaci a questi problemi? Non ci sono, certamente, ricette miracolose ma abbiamo a disposizione una serie di strategie in grado di aiutare i ragazzi ad affrontare le sfide del futuro e garantire loro il raggiungimento del successo formativo.
Tra le tante iniziative che la legge 107 ha messo in campo sono state previste delle misure che sono andate in questa direzione come l’alternanza scuola-lavoro. Non l’abbiamo inventata noi, lo diciamo sempre, ma noi abbiamo deciso di renderla strutturale, di farla partire anche nei licei e di fare in modo che fossero investite risorse: più di 100 milioni da dare alle scuole e interventi sulle imprese per sostenere la loro partecipazioni ai percorsi.
Eppure, nonostante le premesse, gli studenti sono scesi in piazza per dirci che l’alternanza così non va bene. Dovere della politica è ascoltare e assumersi la responsabilità delle proprie scelte anche se, e bisogna dirlo in modo chiaro, i casi di cattivo funzionamento sono inferiori rispetto alle esperienze positive. Ho letto tanti commenti rispetto al significato della manifestazione ed è normale in un mondo dove tutti sono esperti di tutto. Tuttavia, vorrei provare a fare un po’ di chiarezza.
Intanto si chiama alternanza scuola lavoro perché non è lavoro ma apprendimento. Non si parla certo di acquisire competenze professionali. Per quelle in italia esistono i tirocini e gli apprendistati che sono un’altra cosa e sono normati in maniera diversa. Il percorso di alternanza però, pur non essendo lavoro serve per il mondo del lavoro: sviluppa le competenze trasversali come le capacità relazionali, l’abilità nel lavoro di gruppo o nella gestione e soluzione di un problema. Competenze fondamentali se vogliamo fare in modo che i nostri ragazzi escano dalla scuola attrezzati a rispondere ad un mondo velocissimo e in continuo cambiamento. L’alternanza è anche metodologia didattica: è una sfida per gli studenti ma è una sfida anche per i docenti. Non perdo l’ora di latino se il mio studente in quel momento é in alternanza perché devo sapere, io docente, che il mio alunno sta facendo un percorso che è stato progettato dal consiglio di classe, che in quel percorso raggiungerà delle competenze, che quel percorso sarà valutato e avrà valore nell’esame di stato.
E in un Paese come il nostro, dove la distanza tra istruzione-formazione e lavoro è, spesso, siderale e i tassi di disoccupazione giovanile e dispersione scolastica sono tra i più alti di Europa, accettare questa sfida non solo è un dovere ma è anche una battaglia fondamentale per ampliare il quadro dei diritti. Incontrare il mondo del lavoro non impoverisce gli studi ma, al contrario, li arricchisce, superando – quella sì – ideologica e classista, differenza tra le scuole dove si studia e quelle dove si impara a lavorare. Come se una cosa escludesse l’altra o una valesse di più.
Anche i liceali devono misurarsi con l’acquisizione di nuove competenze ma devono farlo in modo differente attraverso percorsi ad hoc che valorizzino i loro studi. Mi viene in mente un liceo di Sassuolo dove, molto prima che l’alternanza diventasse legge, un gruppo di imprenditori della ceramica ha collaborato con la scuola e investito risorse per far conoscere ai ragazzi il settore della logistica che da anni registra una carenza cronica di personale adeguato. Si chiama valore orientativo: se ti piace, una volta finito il liceo sai che potrai indirizzarti verso quel settore e da laureato trovare lavoro.
Certamente alcune scuole non sono state in grado di cogliere lo spirito vero dell’alternanza proponendo percorsi inadatti ai ragazzi e non assumendosi la responsabilità di immaginare e costruire progetti con enti e imprese e da lì bisogna ripartire, cercando di capire cosa non ha funzionato, quale messaggio non è passato. Ma non possiamo rinunciare all’alternanza.
Fa bene la ministra Fedeli a ricordare che per individuare e combattere le storture che si sono verificate, sono state messe in atto importanti misure di accompagnamento. A breve sarà in vigore la carta dei diritti e dei doveri dei ragazzi in alternanza, uno strumento ulteriore per migliorare la trasparenza dei percorsi e accogliere criticità per poi superarle; sarà presto in funzione la piattaforma di gestione dell’alternanza come strumento messo a disposizione di scuole, strutture ospitanti, studenti e famiglie per facilitare progettazione, gestione e controllo e saranno messi a disposizione delle scuole dei tutor esperti che possano supportare referenti e dirigenti scolastici.
L’alternanza scuola-lavoro è patrimonio di tutti e tutti dovrebbero sentirsi coinvolti a lavorare perché essa diventi il più efficace possibile e non certo cancellarla con un tratto di penna. Se non tutto è andato bene, siamo pronti a migliorarlo, ma non chiedeteci di fare un passo indietro. Non possiamo rinunciare a consegnare le chiavi del futuro ai ragazzi.

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