Quale gauche per l’Europa e il PSE? Hamon vs Valls, en attendant Macron


Domenica scorsa, Benoît Hamon, un politico molto di sinistra, ha preso più voti di tutti al primo turno e si giocherà il ballottaggio con l'ex primo ministro Manuel Valls
L' ci racconta quale potrà essere il futuro della gauche francese.

Il senso stesso del primo turno delle primarie della sinistra francese era in fondo quello di mostrare che si trattasse di un appuntamento utile. Le debolissime chance per il PS (i sondaggi restano impietosi), lo psicodramma innescato dalla non ricandidatura di Hollande, il confronto numerico con le primarie della destra erano condizioni di oggettiva difficoltà interna che si sommano a uno scenario esterno ancora più complicato.
Sull’esito delle primarie pesano infatti tanti convitati di pietra: il populismo di Marine Le Pen, Fillon dato per candidato inevitabile al ballottaggio, Macron prossimo a lanciare una campagna che ci si attende come molto autorevole, la sinistra di Melenchon in costante crescita e con ampio radicamento.
In questo senso, va ricordato che le primarie, fin dall’inizio, sono state inquadrate in uno schema fortemente voluto dal segretario del PS Cambadélis, da tempo al lavoro su una proposta di Alliance Populaire il cui primo scopo (come dice il richiamo a una precisa fase della storia repubblicana francese) era di creare un argine contro la Le Pen. E forse proprio da questo schema potranno emergere le risposte ai dubbi che, anche dopo il secondo turno, rimarranno aperti sulle relazioni tra il vincitore del PS e gli altri sfidanti progressisti e di sinistra.
Che settimana abbiamo davanti ora, in vista del secondo turno?
Le prime parole di Valls, ieri notte, sono state nette: “Non si vota sul futuro del PS ma sull’opzione di chi sia più presidenziabile e vincente”, “la scelta è tra la sconfitta sicura e vittoria possibile, tra promesse non finanziabili e serietà di governo”, “oui, gouverner c’est difficile”.  
Nei contenuti, il dibattito verso il secondo turno sarà incentrato sulle proposte di nuovo welfare con cui Hamon ha dettato l’agenda delle ultime settimane, a partire dal tema del reddito universale. Questa è stata la chiave di volta della campagna, fondata sulla comprensione – mancata in Hollande e Valls – che servano strumenti straordinari per colpire gli effetti della crisi ed essere maggioritari nel PS.
Su questo tema è ferma la presa di distanze di Valls: la strategia è mostrare l’infondatezza economica di tali proposte, sottolineandone i costi enormi e il fatto che a pagare di più in potere d’acquisto saranno i ceti medi.
Lo scontro che si profila, che parte da lontano e non terminerà con il secondo turno, è tra una sinistra di governo ed una tendenza verso un populismo di sinistra, che sembra sempre più prevalente nella sinistra francese odierna, e che arriva ad assumere, nelle forme più estreme, anche i toni di un vero e proprio nazionalismo economico, se ci basiamo su alcune proposte di Montebourg e, all’esterno,  di Melenchon.
In questo senso, le primarie PS sono politica interna, per noi e per gli altri partiti europei.
L’impatto delle primarie sul PS sarà quello di una sempre maggiore distinzione tra l’opzione social-liberale e una nuova sinistra. Vediamo in fondo consumarsi la lenta agonia del PS come lo conosciamo, partito nato nel 1971 proprio sul nodo del rapporto sinistra/governo. Su quel compromesso, oggi, sembra sempre più difficile arrivare a una sintesi interna al partito, si tratta d’altronde una linea di frattura storica nella sinistra francese (da Rocard in poi) che la portata della globalizzazione e gli effetti della governance europea hanno amplificato irrimediabilmente.
E arriviamo quindi al tema del futuro dell’Europa e del Pse, una sfida che passa necessariamente per la Francia. Come sfidare il populismo di destra, quale rinnovamento per la sinistra di governo, come invertire l’annus horribilis 2016: le riflessioni francesi, a prescindere dall’esito elettorale, saranno determinanti per il prossimo dibattito interno al PSE, in misura ancora maggiore di quanto avverrà in vista del voto tedesco (la SPD è un partito molto più pragmatico e sottoposto a tensioni sociali e occupazionali meno stressanti, per quanto non immune dalla crisi della sinistra europea).
La storia dell’integrazione europea, Monnet docet, si muove intorno alle scelte della Francia, questo è ancora più valido in una fase in cui in gioco è anche il rinnovamento programmatico e ideologico di una sinistra che è sempre stata in congenito ritardo nel prendere di petto il tema della nuova concezione della sovranità, di fronte alle sfide dell’Europa unita e della globalizzazione.
Tra una settimana, in ogni caso, rimarrà sicuramente aperta una questione già posta esplicitamente dal segretario PS Cambadélis, “ci sarà comunque un progressista di troppo”.

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