“Medio Oriente: conoscere il presente, immaginare il futuro”



Negli ultimi anni sono esplosi conflitti drammatici in Medioriente: l’Iraq, lo Yemen, la Siria; il Kurdistan, diviso tra Turchia, Siria ed Iraq; nel vicino Nordafrica, la Libia. Paesi dove la vita è tormentata da guerre aperte alternate ad attentati, frequenti in paesi come l’Iraq, e ora in aumento anche in paesi a noi più vicini, come la Turchia.

Un altro conflitto, quello tra Israele e i Palestinesi, riesplode periodicamente: l’ultima guerra aperta è stata nel 2014 a Gaza, con esiti sanguinosi per i suoi abitanti. La stampa nazionale ed internazionale ultimamente è tristemente occupata con le vicende della Siria e riporta poco notizie da Israele e Palestina, eppure la situazione nei Territori Palestinesi non è affatto pacificata.

Prova della gravità della situazione è la recentissima approvazione, da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – e con l’inedita rinuncia, da parte degli Stati Uniti, a opporre il proprio veto - di una risoluzione n. 2334 che chiede al governo di Israele di “interrompere ogni attività” nei propri insediamenti siti nei Territori Occupati Palestinesi e a Gerusalemme Est e che definisce tale occupazione “senza validità legale” e perfino rischiosa per il processo di pace.

La situazione, già grave in sé, è ulteriormente complicata dalla minaccia terroristica dell’ISIS che i governi israeliani, per parte loro, adducono quale giustificazione alla loro azione nei Territori Occupati.

Il conflitto tra ebrei israeliani e palestinesi dura da almeno 70 anni e per anni è stato considerato una minaccia per l’intero Medioriente, minaccia dalla cui stabilizzazione dipendeva quella dell’intera area.

E’ ancora così ? Tante sono le domande che spesso ci poniamo in proposito. Perché non si riesce a raggiungere un accordo tra le parti? C’è una vera volontà di arrivare a convivere in pace? Quali responsabilità ha avuto l’Europa – come potenza coloniale nel Medioriente e come spazio politico dove si è consumata la discriminazione degli Ebrei e la tragedia dell’Olocausto - nella creazione di questo problema che pare non avere soluzione ?

Quanto la competizione per l’accesso alla terra e alle risorse, piuttosto che le differenze religiose ed etniche, stanno alla base del conflitto? Qual è nelle giovani generazioni in Israele e in Palestina il sentimento per il futuro? Quali nuove categorie si possono adottare nei tentativi di dialogo, per uscire da quella che sembra essere una situazione senza via d’uscita, e quale potrebbe essere il ruolo di noi italiani ed europei in questo conflitto?

Essere contrari alle tesi sioniste, che accampano diritti di occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele – tesi largamente condivise tra gli israeliani - viene spesso erroneamente confuso con una discriminazione razziale nei confronti degli Ebrei in genere e con l’antisemitismo di triste memoria.

Ma antisemitismo ed antisionismo sono questioni ben diverse e la confusione tra i due concetti nasce da un’esigenza tutta europea di cancellare le proprie responsabilità per fatti passati e per le loro conseguenze presenti.

Di queste ed altre domande si parlerà a Monza, la sera del 27 gennaio, alle ore 21, presso il Teatro Binario 7, per iniziativa della rete Ebrei Contro l’Occupazione (ECO) in collaborazione con il Circolo 4 del Partito Democratico. Ospite della serata la giornalista Amira Hass, opinionista del quotidiano israeliano Haaretz, che in Italia è ben conosciuta dai lettori del settimanale Internazionale, in cui tiene da tempo una rubrica fissa.

Sarà introdotta da Giorgio Forti, che presenterà rete ECO ed introdurrà alcune delle domande. Nata e cresciuta in Israele, Amira Hass da anni ha scelto di vivere nei Territori Palestinesi Occupati, e conosce dunque benissimo lo stato della convivenza in quelle terre. L’abbiamo invitata a parlarci della sua visione sulla situazione di una delle regioni più in crisi nel mondo d’oggi.

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