La riforma del lavoro. Cosa cambia.

Tra le molte riforme in gioco negli ultimi mesi, dall'avvento del governo Renzi, la più attesa è quella che riguarda il mondo del lavoro, e che ha suscitato le prime divisioni tra le forze che appoggiano il governo.

Il 24 aprile questo è stato convertito in legge dalla camera e passa all'esame del senato, dopo che su di essa era stata posta la fiducia nel giorno precedente.
Il decreto lavoro tende spesso ad essere confuso con il Jobs Act, il più ampio piano di riforme sul lavoro presentato l'8 gennaio dal premier.

Con l'aiuto del sito della rivista Internazionale elenchiamo qui le principali riforme previste dal nuovo decreto:
  • Viene alzata da un anno a tre anni la durata dei contratti a tempo determinato senza causale, cioè quelli per cui non è obbligatorio specificare il motivo dell’assunzione. La forza lavoro assunta con questo tipo di contratto non potrà essere più del 20 per cento del totale degli assunti (nel testo originale era il limite era fissato al 20 per cento dell’organico complessivo).

  • I contratti a tempo determinato si potranno rinnovare fino a un massimo di cinque volte in tre anni (erano otto nel testo originale), sempre che ci siano ragioni oggettive e si faccia riferimento alla stessa attività lavorativa.

  • Salta l’obbligo di pausa tra un contratto e l’altro.

  • I contratti di apprendistato avranno meno vincoli, ma è stato reintrodotto l’obbligo per i datori di lavoro di assumere a tempo indeterminato alcuni apprendisti per assumerne di nuovi. L’obbligo di stabilizzazione riguarda solo le aziende con almeno 30 dipendenti e la quota minima di apprendisti da stabilizzare è il 20 per cento. La busta paga base degli apprendisti sarà pari al 35 per cento della retribuzione del livello contrattuale di inquadramento.

  • La formazione pubblica per l’apprendistato sarà di nuovo obbligatoria, a condizione che la regione provveda a comunicare al datore di lavoro come sfruttare l’offerta formativa entro 45 giorni dall’inizio della firma del contratto. Il datore dovrà quindi integrare la formazione aziendale (on the job) con la formazione pubblica.

  • Le donne che restano incinte durante un contratto a tempo determinato possono conteggiare anche la maternità come durata del contratto, superando così la soglia dei sei mesi (durata minima che la legge vigente richiede per il riconoscimento del diritto di precedenza). E se un’azienda assume nei dodici mesi successivi, le donne in congedo maternità hanno la precedenza.

  • È prevista inoltre l’abolizione del Durc (Documento unico di regolarità contributiva), il documento sugli obblighi legislativi e contrattuali delle aziende nei confronti di Inps, Inail e Cassa edile. Sarà sostituito da un modulo da compilare su internet.


Il 12 marzo il consiglio dei ministri ha approvato inoltre un disegno di legge delega al governo che affronta gli altri temi contenuti nel Jobs act: dagli ammortizzatori sociali ai servizi per il lavoro, dall’introduzione di un sussidio di disoccupazione al salario minimo, dalla riduzione delle forme contrattuali alla tutela per le donne in maternità. Misure che avranno tempi di approvazione più lunghi.

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