I Sommersi e i Salvati, e il Mare




Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre. Le parole sono del salvato Primo Levi, dall’appendice dell’edizione scolastica del 1976 di quella tragica e immensa opera che è ‘Se questo è un uomo’.

Ricorre oggi, 27 gennaio, il Giorno della Memoria, a ricordo delle vittime della Shoah. Tra le diverse iniziative a commemorazione di questo giorno, poiché chi scrive è un giovane, pare doveroso citare TESTIMONE SOPRAVVISSUTO, eccellente esperienza interattiva proposta dall’Incontragiovani la cui partecipazione è possibile, su prenotazione, anche oggi dalle 17:30 alle 20:30 presso la biblioteca di Brugherio, fino a esaurimento posti disponibili. TESTIMONE SOPRAVVISSUTO vuole condurci – anzi, spingerci – nella brutale realtà del Lager, tentando di darci un’idea dello spaesamento, del dolore e della paura che le vittime della deportazione provarono.

Una legge del 2000 fa sì che si ricordino i perseguitati, le vittime, e così ci insegnano a scuola. Tutti noi sappiamo, per esempio, della morte di Ebrei, omosessuali, zingari, malati mentali, dissidenti e tante altre – presunte o reali – categorie di uomini e donne; conosciamo gli orrori di Dachau, Auschwitz, Belsen e degli altri luoghi neri che non volevano strappare la vita ma l’umanità. Non sappiamo però il perché di tutto ciò, come sia stato possibile. 

Da molto tempo ho smesso di cercare di capire, scrive lo stesso Levi in riferimento al folle meccanismo del Lager. Perché la Shoah è un avvenimento unico nei più di 5000 anni di storia che si studia sui banchi di scuola: non ha niente a che spartire con il colonialismo, con la schiavismo o con altri campi di tortura quali i gulag. Un intero Stato ha collaborato alla creazione e al funzionamento di una macchina perfetta non di sterminio ma di disumanizzazione (Entmenschlichung), e i gruppi di ribelli che all’interno della Germania nazista hanno provato a opporsi a tale meccanismo si contano sulle dita di una mano.

Non è il numero di morti che stupisce della tragedia nazista: ci sono state innumerevoli guerre, tragedie o dittature che ne hanno contati di più. Ciò che fa restare allibiti è la perfezione maniacale con cui un popolo ha partecipato o acconsentito a una tale sistematica opera di male. 

Considerate se questo è un uomo, così scrive Levi in riferimento ai detenuti nei Lager, ma non parla dei suoi aguzzini, dei Nazisti – quelli invece sono uomini?, si domanda però il lettore più attento. Perché è questo uno dei principali interrogativi del romanzo. Forse anche per questa ragione lo scrittore torinese ripete Dante durante la sua prigionia: certamente perché la letteratura (valore che redime dal viver come bruti e che inclina a seguir virtute e conoscenza) aiuta a stare vivi o, per i detenuti dei Lager, a morire da vivi; ma Levi lo ripete anche per ricordare a se stesso che l’uomo è in grado produrre bellezza.

Il Giorno della Memoria non dovrebbe quindi esaurirsi nel ricordo dei morti, delle vittime e dei perseguitati, ma aprire una più profonda riflessione su ciò che l’uomo è stato in grado di operare, di diventare. Poiché senza aguzzini non ci sarebbero vittime, è bene rammentare chi ha contribuito al male tanto quanto chi l’ha subito.

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