Processo Thyssen: la sentenza della Corte d'Appello di Torino


Ieri, in seguito all'infortunio mortale accorso all'Ilva di Taranto, che ha visto il decesso di Ciro Moccia, 42 anni e il ferimento di Antonio Liti,  dipendente della ditta in appalto Mir, siamo tornati a parlare di salute sicurezza sui luoghi di lavoro.

L'abbiamo fatto anche alla luce dei dati resi noti dal direttore generale dell’Inail, Giuseppe Lucibello, ospite di «L’Economia Prima di Tutto» su Radio1 Rai siamo tornati a parlarvi di infortuni sul lavoro.  

Quest'oggi vogliamo aggiornarvi sul processo  Thyssen dove, come vi ricorderete,  morirono sette operai che lavoravano alla linea 5 la notte del 6 dicembre 2007.

Ci aiuta Elisa Sola per il Corriere della Sera

«Maledetti, vergognatevi, e adesso arrestateci». E' il caos in maxiaula uno al tribunale di Torino. I familiari gridano. Le madri gridano: «Fate schifo». Una signora si accascia sulla sedia e implora«vogliamo il ministro della giustizia qui». AllaThyssen non è stato omicidio volontario. 

La Corte d'assise d'appello del tribunale di Torino ha deciso che non ci fu dolo e, riformando la sentenza di primo grado, ha condannato l'ex a.d. della multinazionale dell'acciaio Harald Espenhahan a dieci anni per la morte dei sette operai che lavoravano alla linea 5 la notte del 6 dicembre 2007. In primo grado era stato condannato a sedici anni e sei mesi di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale

Era stata la prima condanna per omicidio volontario in Italia nei confronti di un imprenditore. Oggi non è piu' così. Il giudice di secondo grado ha inflitto condanne solo per omicidio colposo. 

Pene fino a nove anni sono state inflitte agli altri cinque dirigenti.
LE REAZIONI - Non appena il presidente della Corte d'assise d'appello, Giangiacomo Sandrelli, ha pronunciato la sentenza, la maxiaula uno del tribunale di Torino è esplosa in un boato. Le madri, le sorelle, le zie. E i padri, gli excolleghi. Hanno pianto e gridato tutti contro la corte. «Fate schifo ci vuole la giustizia privata». «Li avete uccisi di nuovo». Sono intervenuti i carabinieri. «Il nuovo governo - ha gridato la sorella di Rosario Rodino' - adesso dica cosa vuole fare. Fanno schifo. Questa e' una bomba ad orolegeria. Volevo vedere se ci fossero stati i figli dei politici. Gli operai bruciati vivi non valgono niente».
TESI RESPINTA - La Corte non ha confermato la tesi dell'accusa sostenuta dai sostituti procuratori Raffaele Guariniello, Laura Longo e Francesca Traverso. Il rogo che si sviluppò sulla linea 5 la notte del sei dicembre 2007 e che uccise sette operai non fu un evento imprevedibile, aveva sostenuto Guariniello. Secondo i pm fu la conseguenza della scarsa preoccupazione nei confronti della sicurezza degli operai da parte della dirigenza. La fabbrica di Torino - così era stata deciso prima della tragedia - avrebbe chiuso pochi mesi dopo. Per questo i vertici decisero che non conveniva investire sulla formazione, sulla pulizia e sul miglioramento dei sistemi di sicurezza dell'impianto. il giudice ha respinto questa tesi.
LA DIFESA - Soddisfatta in parte la difesa - rappresentata da molti dei più noti avvocati torinesi come Cesare Zaccone, Franco Coppi, Ezio Audisio e Guido Alleva - che ha cercato durante le 94 udienze del primo grado e le oltre 20 del secondo, di dimostrare che non ci fu dolo. Che alla Thyssen accadde un incidente non prevedibile, che l'azienda investì sulla formazione e sulla sicurezza degli operai . «La linea 5 non era ad alto rischio» ha ripetuto spesso l'avvocato Ezio Audisio. «E ogni volta che Espenhahan veniva a Torino trovava una fabbrica pulita e in ordine». Gli operai, secondo i difensori, sbagliarono quella notte a tentare di spegnere un incendio troppo imponente e troppo pericoloso. Avrebbero dovuto «non intervenire, come prevede il piano di sicurezza in questi casi».
DoppiaM

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