Chi ci insegna ad insegnare?


Scuola di Atene,  Raffaello Sanzio, 1509-1510 - Musei Vaticani


Pietro Virtuani, segretario dei giovani democratici di Monza e Brianza ha scritto un interessante articolo per il sito internet Rete Universitaria Nazionale.

Il giovane segretario, membro dell'esecutivo Nazionale RUN, ci descrive un male che che affligge la scuola italiana: il reclutamento docenti.

Una questione ampia che non riguarda solo la scuola ma si inserisce nel problema dell'accesso al lavoro, stabile e tutelato, di una generazione di cittadini italiani.


- Tra i numerosi mali che affliggono la scuola italiana, dalle infrastrutture ai programmi didattici vecchi, non ultimo arriva quello relativo al reclutamento docenti, una questione più ampia che non riguarda solo la scuola ma si inserisce nel problema dell'accesso al lavoro, stabile e tutelato, di una generazione di cittadini italiani. E che inoltre lascia nel dubbio e nell'incertezza tanti studenti universitari o ragazzi neolaureati che non sanno in che modo poter accedere alla professione di docente, costretti a inseguire norme in continuo cambiamento e vuoti legislativi che non sono stati ancora colmati e che non si sa quando lo saranno. 


Da quando è stata abolita la SILSIS, ossia il biennio successivo alla laurea magistrale per avere l'abilitazione a insegnare (e che trasformava il ciclo di studi per poter insegnare nella scuola secondaria in un percorso formativo di ben sette anni!), in tempi di crisi e di costanti tagli al mondo dell'istruzione, non è affatto ben chiaro come diventare insegnanti, e così in questo brodo primordiale di potenziali docenti, per lo più studenti laureati che oramai viaggiano verso i trenta, sono spuntate loro malgrado una serie di figure particolari, come i vincitori di concorso non assunti. Va a finire che il governo in questi tre anni ha tagliato ben 87 mila posti ma non ha indicato le nuove modalità di reclutamento dei docenti


Potrebbe apparire consolatorio, in questo quadro di svilimento della scuola e della professione dell'Insegnante, sapere che il Ministero ha stimato che la scuola italiana ha bisogno di 23 mila nuovi insegnanti entro il 2015. Ma andando a vedere i dati per le varie materie, apprendiamo che nella classe 050, ovvero Lettere alle superiori, sono solo 75 posti in tutta Italia! E inoltre, questa situazione conduce il Governo a calpestare uno dei principali vessilli della sua politica sull'Università: ossia l'abolizione dei corsi per pochissimi studenti.


Per evitare che si crei nuovo precariato, le università formeranno docenti solo in base ai flussi programmati a livello regionale, e dovendo ragionare su numeri così bassi come quello portato ad esempio (che è nazionale), dovranno organizzare corsi per pochissimi studenti: un affare in perdita quindi,per cui clamoroso per un governo che ha fatto del contenimento dei costi e dell'ottimizzazione di spesa la bandiera (unica) della sua idea di università (a discapito di altre, per noi molto più importanti, come la qualità dell'insegnamento, il sostegno agli studenti con basso reddito, il premio ai meritevoli, l'internazionalizzazione dei nostri atenei).


Ultimo, in questi giorni il governo ha cassato con un maxi-emendamento la mozione della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, votata con un'ampia convergenza da parte delle forze politiche, chiamata “norma aprigraduatorie”, che cercava di tamponare l'emergenza; in questo modo vengono rimessi fuori dalle graduatorie permanenti, bloccate dal 2008, altri 20 mila docenti, che avevano frequentato, dal 2008 appunto, i corsi abilitanti promossi in Scienze della Formazione primaria, in Strumento musicale e in Didattica della musica. Consentire l'accesso alle graduatorie era un doveroso riconoscimento dei percorsi formativi che quelle persone avevano intrapreso su indicazione delle procedure allora vigenti. Dopo 3 anni, ecco che viene smentito il tutto nonostante la stessa maggioranza in Commissione avesse dato parere favorevole al loro inserimento. Crediamo che, per quanto purtroppo con la situazione di oggi le graduatorie non siano l'anticamera al mondo del lavoro quanto piuttosto una sala d'aspetto che potrà essere molto lunga, riconoscere questo diritto fosse il minimo che si potesse fare e che poteva tranquillamente venir fatto.




Noi non crediamo che la scuola debba servire da ammortizzatore sociale per offrire una occupazione stabile a chi né è privo, ma richiamiamo l'attenzione ad un mondo di giovani laureati che da anni ricevono informazioni contradditorie sul come diventare insegnanti e che vengono indirizzati verso percorsi che alla fine non portano a nulla, e si trovano con il futuro ancora una volta bloccato.


 Inoltre, ci piacerebbe ricordare a quanti sono del partito dei tagli e dell'efficienza, che nelle scuole superiori la situazione delle prime classi è sempre più insostenibile, fatta com'è di prime classi che vanno assestandosi su 30 studenti. Lavorare in gruppi così numerosi inevitabilmente conduce ad un abbassamento del livello didattico e ad un lavoro meno meticoloso sullo studente da parte della scuola, col risultato di molti abbandoni e di studenti complessivamente meno preparati. 


Non crediamo che in questo modo, quando bisognerà tirare le fila, si raggiunga un reale risparmio economico, oltre alla perdita in capitale umano.

Pietro Virtuani, Esecutivo Nazionale RUN - Rete Universitaria Nazionale

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