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Morire per Mosul? Tra mine e kamikaze parte una nuova offensiva

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Continua sulle pagine de l ' Unità lo speciale di Andriano Sofri da Mosul. (Qui i reportage precedenti pubblicati l’ 11 , il 16 , il 18 e 19 e 20 ottobre) La battaglia per Mosul – sono ancora tante battaglie. Ieri all’alba, dopo che gli aerei della coalizione avevano compiuto i loro raid, una nuova offensiva curda è stata lanciata a nord di Mosul, entro il territorio già largamente cristiano che comprende le cittadine di Bashiqa e Bertella. L’iniziativa è dei peshmerga del Pdk, che hanno base soprattutto a Erbil e Dohuk. Uno dei loro comandanti è Sirwan Barzani, nipote del presidente Masoud: le tribù dinastiche curde hanno infatti almeno questo risvolto, che parecchi dei loro rampolli stanno in campo senza imboscarsi. Questo ulteriore protagonismo dei peshmerga forse è un segno delle difficoltà maggiori incontrate dai militari iracheni, o forse era nei piani. Fra i curdi non è raro trovare una suscettibilità offesa nei confronti dei cristiani, cui si addebita una scarsa rico

"Il futuro di questa cruciale aera del mondo non può essere un ritorno al passato".

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In queste settimane dalle pagine de L'Unità, Adriano Sofri ci sta raccontando della situazione di Mosul. Le forze irachene, sostenute dalla coalizione internazionale, hanno lanciato l’offensiva per riprendere il controllo di Mosul, roccaforte dello Stato islamico in Iraq. Due anni dopo che i jihadisti presero il controllo della località abitata da 1,5 milioni di abitanti e dichiararono la nascita di un ‘califfato’ tra Siria e Iraq, circa 30mila soldati delle forze di Baghdad Vi proponiamo di seguito una riflessione più politica di Umberto De Giovannangeli Una guerra si può anche vincere ma se non si ha una strategia politica per il dopo, quella vittoria può trasformarsi in un disastro. A insegnarlo è la storia dell’Iraq. Abbattere il “mostro” non basta per dare stabilità e mantenere unito l’Iraq: valeva ieri per Saddam Hussein, vale oggi per l’autoproclamato “Califfo” dello Stato islamico, il tagliagole Abu Bakr al-Baghdadi. Senza memoria non c’è futuro. E la memoria de

Iraq dieci anni dopo. Ricordo di un brutto ricordo

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9 aprile 2003: l'abbattimento della statua di Saddam Hussein a Baghdad segna la fine del regime Dieci anni fa questi erano  giorni che precedevano una guerra. Fallite le ultime mediazioni, spazzata via la diplomazia, la Casa Bianca di George W. Bush aveva dato l’ordine d’attacco, mascherato dietro l’apparenza di un ultimatum che Saddam Hussein non avrebbe rispettato. La parola passava alle armi, alla guerra super tecnologica che il Pentagono preparava da tempo Lo racconta Federica Mogherini  per il quotidiano online Europa. Dieci anni fa si apriva una delle pagine più brutte della politica internazionale, la guerra in Iraq. Una guerra sbagliata, sotto tutti i punti di vista: politico, perché rompeva il consenso che gli attentati dell’11 settembre avevano creato attorno agli Stati Uniti dividendo drammaticamente la comunità internazionale e distogliendola dalle vere priorità comuni globali; giuridico, perché faceva carta straccia del pur fragile assetto di d