Deflazione


L'economista, Fabio Sdogati il 2 Aprile 2014 ci diceva:” la deflazione è alle porte!”,  ora è arrivata! 

Segue articolo del 2 Aprile 2014 da Tiscali Economia.

Chi, tra i meno giovani, non ricorda lo spettro dell’inflazione, quel fenomeno che noi economisti definiamo come un ‘aumento sostenuto e generalizzato dei prezzi’? Chi non ricorda la scelta di aderire all’Unione Economica e Monetaria (l’Euro, in soldoni) fatta anche per combattere l’inflazione? Chi non ricorda che all’inizio di questa crisi molte delle vestali dell’ortodossia mettevano in guardia contro una ‘ripresa dell’inflazione’ che, argomentavano, prima o poi avrebbe rialzato la testa se le banche centrali avessero insistito con le loro politiche monetarie espansive nel tentativo, forse riuscito o forse no, di evitare una 
recessione ancor più penosa di quella che abbiamo vissuto? E chi ricorda, invece, le prediche di chi scrive, di chi sosteneva che di inflazione non avremmo visto cenno per anni, poiché la crisi che andavano costruendo i governi europei ossessivamente cercando i pareggi di bilancio e, con essi, recessione e disoccupazione, avrebbe garantito il controllo dei prezzi della loro dinamica? Ebbene, ci siamo: la deflazione, non ancora conclamata e dichiarata in vita secondo i crismi della legalità statistica, è ciononostante con noi. Ma che cosa è questa deflazione? E perché val la pena scriverne in questa sede? 

1. La definizione
Leggo la definizione n. 1 di un importante dizionario: “Diminuzione dei prezzi, con conseguente aumento del potere di acquisto della moneta. ’’ Ma allora, di che cosa stiamo parlando? La deflazione è una bella cosa: io ho il mio salario (praticamente fisso in termini nominali), i prezzi cadono, il mio potere di acquisto aumenta, cosa vado cercando di meglio di una bella botta di deflazione!? 

Ma leggo poi la definizione numero 2: “Fase di contrazione della produzione e del reddito, (sinonimo di) recessione.” Ahi, stavolta la storia è diversa, stavolta c’è poco da godere da una caduta dei prezzi, poiché quando produzione e reddito cadono c’è poco da consolarsi con l’aumento del potere d’acquisto. Un dizionario ben equilibrato (equilibrista). 

2. Ma allora, è un bene o un male?
Un male, un brutto male. Gli agenti economici che osservano prezzi in caduta tendono (razionalmente) a posporre i propri piani di spesa, che siano per beni di consumo o per beni di investimento. In breve: perché acquistare oggi ciò che si potrà acquistare domani a prezzo inferiore? In via di principio sarà ‘utile’ detenere liquidità nel presente e sfruttarne il maggior potere d’acquisto domani (definizione n. 1). Ma è proprio questo posporre la domanda di merci e servizi che riduce la pressione sulle imprese a produrre, poiché esse non  
sentono il morso della domanda che cresce e tendono (razionalmente) a ridurre la produzione corrente. E continueranno a farlo fino a che le loro aspettative non troveranno ragioni solide per tornare positive. La deflazione è come aspettare i saldi, no? 

3. Il quadro concettuale e le indicazioni di politica economica
Secondo una prima scuola di pensiero la deflazione è un problema di natura monetaria, nel senso che non esisterebbe in circolazione nel sistema bancario, delle imprese, delle famiglie, delle pubbliche amministrazioni una quantità di liquidità adeguata alla domanda. Ne consegue che se la banca centrale (europea) immettesse ulteriore liquidità nel sistema, l’eccesso così creato porterebbe ‘naturalmente’ ad un aumento del livello generale dei prezzi. Da qui le critiche di quest’ultimo anno alla BCE per non adottare politiche 
monetarie ‘non convenzionali’ tipo FED. In altri termini: chi crede in questa teoria crede che negli Usa non vi sia (stata?) recessione come in Europa perché la FED ha adottato una politica monetaria più aggressiva (quel che in uno scritto precedente ho definito “alluvione di liquidità.”). 
 La seconda scuola di pensiero si differenzia dalla prima un po’ come la seconda definizione di deflazione si differenzia dalla prima. Noi non crediamo che la deflazione sia un fenomeno monetario. Il che non implica che non crediamo che una espansione monetaria non aiuterebbe a ‘riflazionare’ l’economia europea: in fondo abbiamo plaudito la BCE (e la FED) per anni, ormai, vuoi quando tagliavano tassi di sconto vuoi quando adottavano versioni diverse di Quantitative Easing (la FED) o di Outright Monetary Transactions (la BCE). Chi 
segue questa seconda scuola di pensiero ritiene che l’origine della deflazione stia nel funzionamento dell’economia reale, quella costituita di consumi e di investimenti, di produzione e di scambi commerciali internazionali. Meglio: la causa della deflazione sta nel NON funzionamento di questa economia, non funzionamento che dura ormai da anni, nel livello basso e decrescente delle spese per consumi, nella stagnazione delle spese per investimenti, nella conseguente contrazione drammatica della base produttiva 
manifatturiera, nella crescita della disoccupazione e nell’emigrazione giovanile. 

4. Le cause
Assumendo si sia d’accordo che la deflazione non è fenomeno che arricchirà i salariati, si tratta di capire da dove essa arrivi. In breve, si tratta di una catastrofe (si, catastrofe) naturale o non è, forse, il risultato catastrofico delle lungimiranti politiche recessive volute dai governi nazionali dei paesi aderenti all’UEM e, più in generale, all’UE? Con la benedizione, ovviamente, di commissione europea, fondo monetario internazionale, BCE (la troika di greca memoria, ricordate?) e dell’OCSE. (Tra tutti i quali, ad oggi, soltanto il FMI ha ammesso di aver contribuito al disastro. 

(documento prodotto dalla segreteria PD MB LAVORO)

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