Il discorso per il 25 aprile 2014 del nostro Sindaco


Pubblichiamo oggi, al ritorno dal lungo ponte, il discorso che il nostro sindaco, Marco Troiano, ha pronunciato venerdi in occasione della celebrazione del 69° anniversario della Liberazione.


Non posso nascondere una certa emozione, nel celebrare il mio primo 25 aprile da Sindaco.
E’ l’emozione di chi sa di dover indirizzare, da questo palco, un messaggio alla città, riunita oggi a fare memoria di eventi che hanno segnato il corso della nostra storia.
Sono molti, decisamente più autorevoli di chi vi sta parlando, a sottolineare come il 25 aprile 1945 segni il vero momento unificatore dell’Italia. La lotta per la Liberazione e la Resistenza sono effettivamente il momento che vedono uomini e donne di diversa provenienza e convinzione unirsi per liberare le città dall’oppressore nazi-fascista.
Quel 25 aprile segnò l’avvio, per l’Italia, di un’epoca nuova: un paese distrutto e devastato dal ventennio di dittatura e da una guerra terribile seppe voltare pagina e si avviò verso la democrazia; gli eventi successivi, dalle elezioni alla Costituente, passando per la promulgazione della Costituzione più bella del mondo, furono frutto di una riconciliazione e ricomposizione dell’unità nazionale che ancora oggi costituisce un insegnamento prezioso e un fondamento irrinunciabile della nostra Repubblica.
Pensando a cosa dire in questa occasione, in questi giorni mi sono soffermato su due domande: cosa celebriamo e cosa dicono a noi oggi questi anniversari?
Sapete, resto convinto della necessità di liberare queste occasioni dalla retorica, per farne invece momenti di riflessione condivisa sull’oggi. E dunque, cosa celebriamo?Celebriamo e ricordiamo, e lo dicevo già prima, un periodo della nostra storia che ha visto generazioni di uomini e donne, anche con pensieri e opinioni diverse, riunirsi sotto le bandiere della Resistenza per offrire un futuro migliore a sé stessi e ai loro figli. Non va assolutamente trascurato questo carattere “popolare” della Resistenza. Senza mitizzazioni, e senza dimenticare i limiti che pure ci sono in ogni esperienza umana, possiamo davvero dire che c’è stata una generazione che ha dovuto e voluto scegliere da che parte stare, e lo ha fatto mettendo a rischio la propria vita, quotidianamente.
Dentro questo carattere “popolare” della Resistenza ricomprendiamo gli operai che fanno sciopero, le donne che fanno da staffette, i militari che si rifiutano di sparare, coloro chenascondono e sostengono chi si doveva mettere in salvo dalla vendetta dell’occupante. Non c’è paese d’Italia che non possa ricordare donne e uomini così. E ovviamente anche noi a Brugherio possiamo e dobbiamo continuare a farlo. La coscienza antifascista di Brugherio è fortemente segnata dalla storia di uomini e donne che hanno volti e nomi precisi, insieme a tanti che magari sono meno ricordati, ma sono ugualmente importanti. Ecco perché non è retorico ricordare chi ci ha donato la libertà.
Non è retorico, perché parliamo di persone che abbiamo conosciuto, incontrato, che sono stati i nostri nonni, i nostri genitori, i nostri parenti o amici. E anche chi non li ha conosciuti direttamente, come le generazioni più giovani, ha comunque modo di poter sapere chi sono stati questi eroi del quotidiano.
Vorrei solo fare qualche nome. Voglio ricordare Marcello Gatti, il Sindaco che già dal 1923 prende posizione contro l’occupazione abusiva da parte dei fascisti di due locali comunali. E, ancora, vorrei
ricordare tutti i brugheresi delle squadre di azione patriottica che, senza abbandonare il lavoro e la famiglia, si dedicarono alla Resistenza: il 6° distaccamento della 105° Brigata Garibaldi guidato da Nando Mandelli, la 27° Brigata del Popolo di Francesco Ticozzi, l’11° Brigata Matteotti. O ancora: gli scioperi degli operai della Breda, della Pirelli, della Ercole Marelli, della Magneti Marelli, della Falck, Ambrogio Confalonieri, Mario Gariboldi, Luigi Teruzzi, Emilio Acerbi, Salvatore Barbieri, Tarcisio Piazza, Paolo Mignosi, i deportati militari e politici in Germania nei campi nazisti e nei lager, i tanti partigiani, patrioti e benemeriti.
Non posso citarli tutti, ma Brugherio deve a loro una grande riconoscenza. A loro che, come scrisse il comandante partigiano Nando Mandelli, “dovettero combattere una guerra non voluta, ma che diedero tutto se stessi perché trionfasse la democrazia e la libertà”. Sono contento, da questo punto di vista, di essere Sindaco di una città che ricorda alcuni di questi protagonisti intitolando vie della città (l’ultima è la piazza intitolata alle donne della Resistenza), oppure monumenti. E, altro aspetto importante: sono grato all’ANPI, che ha raccolto tutte queste testimonianze in un libro sulla storia della Resistenza a Brugherio, recentemente aggiornato, che vi invito a recuperare, e che annualmente propone incontri di approfondimento e di ascolto, in particolare per i ragazzi delle nostre scuole. Le mie parole valgono poco, molto di più vale la testimonianza vivente di chi ancora può raccontare, come Carlo Fiocco o Luciano Modigliani, senza dimenticare chi lo ha fatto fino all’ultimo istante della sua vita, come Aldo Grimoldi e Francesco Ticozzi.
Celebriamo tutto questo oggi, allora. E come vedete non è retorica, perché parliamo della vita di tante persone. Vorrei che dal prossimo anno, in questa occasione, potessimo raccontare alcune di queste storie. Lo faremo, troveremo il modo.
Il secondo passaggio: cosa dice a noi, oggi, questa celebrazione? Già, perché io credo da sempre che le celebrazioni abbiano senso se recuperiamo da quelle esperienze qualche indicazione per ciò che viviamo noi oggi. Io vi propongo due riflessioni su questo.
La prima: credo che quella generazione oggi ci chiederebbe conto di come stiamo spendendo noi le conquiste che ci hanno assicurato. Ci chiederebbe cosa ne stiamo facendo della libertà, della democrazia, dell’equità e della giustizia sociale. Ci chiederebbe se e come stiamo realizzando la partecipazione e il progresso sociale, l’uguaglianza e l’accoglienza, il rispetto degli altri e la promozione delle diverse realtà sociali che hanno voluto inserire in Costituzione quali valori fondanti del nostro vivere civile. Quella generazione ci chiederebbe di dichiarare da che parte stiamo oggi, rispetto a questi valori e alla concretizzazione di quelle aspirazioni che li ha portati a quelle scelte. Il secondo pensiero: viviamo tempi difficili, davvero duri. Brugherio non è certo esente dalla crisi e dalle situazioni di difficoltà che vivono le famiglie e i singoli. Viviamo in un contesto dove forte è lo scoraggiamento, la preoccupazione per il futuro, e dove si fatica ad intravvedere una via d’uscita a ciò che blocca i nostri desideri e le nostre aspirazioni. In un contesto di questo tipo, forte è il rischio di rinchiudersi, di pensare esclusivamente a sé, di uscirne da soli, di generalizzare nei giudizi e di sentirsi incompresi o trascurati. C’è un malessere diffuso, frutto di questa pesante situazione civile, economica e sociale. Le persone sono disorientate ed esasperate, e questo comporta anche l’incapacità di dialogare e di riconoscere le ragioni dell’altro; la politica è vissuta come nemica e non come patrimonio comune. Ecco, in un contesto di questo tipo, quei giovani di 70 anni fa ci indicano una strada e ci chiedono di percorrerla con decisione: scegliere da che parte stare, rimboccarsi le maniche, tutti insieme, mettercela tutta, fare ognuno la propria parte, dare tutto se stessi perché le cose possano cambiare. A noi oggi non è chiesto di mettere a rischio la nostra vita, come lo fu allora per quella generazione di donne e uomini. Ma a noi oggi è ugualmente chiesto di avere il coraggio di osare, di sapere che si riparte solo tutti insieme, che ciascuno ha un pezzo di responsabilità nella ripartenza della città. Dalla crisi si esce tutti insieme, insomma. 

Recuperiamo un po’ di quel coraggio dei nostri nonni e dei nostri padri, ricordiamoci tutti di essere parte di una comunità, dalla quale ricevere qualcosa ma alla quale offrire il nostro pezzetto di contributo. Chi vi parla sa di avere maggiori responsabilità, impegni da onorare, attese da esaudire. Ma chi vi parla da solo non potrà mai farcela. Chi vi parla sente oggi l’esigenza di affermare con forza che questa città è di tutti, e che solo insieme riusciremo davvero a cambiarla. Diamoci tutti una mano, ciascuno nel proprio ruolo, al di là delle differenti opinioni politiche, delle diverse visioni di vita, delle scelte che portiamo avanti. Al di là di tutto questo, c’è comunque l’appartenenza ad una comunità, della quale sentirsi parte e per la quale impegnarsi.

Credo sia questo il solo modo di rendere omaggio a chi ricordiamo oggi, 25 aprile. Facciamo in modo che il nostro impegno quotidiano sia degno dei nostri partigiani e dell’eredità che ci hanno consegnato, da trasmettere alle generazioni future.
Viva il 25 aprile, viva Brugherio!

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