Quale democrazia? Una considerazione sulla situazione Egiziana

Nel nostro post precedente abbiamo avuto modo di aggiornarvi sulla situazione in Egitto, estremamente caotica e priva di una soluzione a breve termine. Ma questa è stata soprattutto la settimana della caduta di Morsi, voluta dall'opposizione ma portata a compimento attraverso un'azione militare che altro non può definirsi che un colpo di stato.
Questo ha posto un paradosso piuttosto evidente sul valore che attribuiamo alla democrazia, perché, pur avendo Morsi occorso degli errori nella sua gestione, come l'accentramento dei poteri nelle mani dei Fratelli Musulmani, e le pericolose derive dittatoriali, egli era stato democraticamente eletto. L'azione militare ha di fatto sovvertito la scelta del popolo.
La considerazione da fare è quindi sul valore che possiamo attribuire alla democrazia in quanto tale, soprattutto quando questa non è accompagnata da delle consapevolezze più estese nella popolazione votante, perché spesso, quella che viene definita democrazia è un complesso di valori e principi che va oltre il significato della parola e l’esercizio elettorale democratico.
A questo proposito vi segnaliamo per questa domenica di recuperare l'articolo di Michele Serra di giovedi scorso:
Il fiammeggiante dramma egiziano conferma che c’è grande confusione sotto il sole. Perfino alla voce, un tempo indiscutibile, “democrazia”. Il partito islamista aveva vinto democraticamente le elezioni: il Cairo è una metropoli quasi moderna, quasi laica, ma le campagne sono “in mano ai preti”, come avremmo detto noi italiani parecchi anni fa, e l’Egitto povero e rurale ha dato il suo voto ai Fratelli Musulmani. Alzi la mano, però, chi non è contento della messa in mora di quel voto e di quel consenso, alzi la mano chi non fa il tifo per il Cairo, per la capitale, contro il contado reazionario. Ma basta a giustificare un colpo di Stato, questa difesa disperata della “modernità” – qualsiasi cosa essa significhi – contro l’arcaismo? Si vedono certe barbe fanatiche, in giro per il mondo arabo, che fanno venir voglia non di uno, ma di dieci eserciti che (come in Algeria, al prezzo di molto sangue) impediscano con ogni mezzo all’integralismo islamista di prevalere. Ma che legittimità ha un potere non eletto dal popolo che contraddice e annulla un potere eletto dal popolo? L’esercito ha prestigio, spiegano gli analisti, e rappresenta l’unità del Paese. Ma della democrazia, quando è d’impiccio, che ne facciamo? Facciamo finta di niente?

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