Ilva: a che punto siamo
Il quotidiano online Il Post in un lungo e dettagliato articolo ci spiega i molti conflitti ancora in atto allo stabilimento siderurgico di Taranto.
Sono ancora molti, infatti, i conflitti: quello tra il diritto alla salute e il diritto d'impresa, tra codice penale e legge dello Stato, in attesa della decisione sul dissequestro dei prodotti finiti.
Malgrado il decreto “salva-ILVA” sia diventato legge, rimane l’incertezza sotto il cielo fumoso dello stabilimento siderurgico di Taranto.
Il 2013 inizia lì dov’è finito il drammatico anno appena archiviato: dal conflitto, sempre in piedi, tra diritto alla salute e diritto d’impresa, tra codice penale e legge dello Stato, tra magistratura da un lato e governo e Gruppo Riva dall’altro. Ora si attende il Tribunale dell’appello e la sua decisione sul dissequestro dei prodotti finiti. Lamiere e coils sfornati dalla fabbrica sono stati bloccati dal giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco il 26 novembre scorso, su richiesta della procura della Repubblica. Si attende, dallo stesso gip, una nuova pronuncia in merito, dopo la richiesta di sblocco del materiale da parte dei dirigenti già bocciata una prima volta, qualche giorno fa, dalla procura.
I dirigenti dell’ILVA hanno già detto che negare la possibilità di vendere i prodotti sequestrati, del valore di oltre un miliardo di euro, significherà mettere in crisi di liquidità l’azienda. Le conseguenze potrebbero ricadere sugli stipendi dei lavoratori, che dovranno essere pagati venerdì prossimo. I sindacati sono in stato d’allerta, perché si teme che gli operai possano tornare a protestare nel caso di ritardo o mancato accredito. Tornerebbe fortissima la tensione tra città e lavoratori, con il rischio di scontri basati sul “ricatto occupazionale”, in chiave salariale.
Nel frattempo, davanti alla Corte Costituzionale, dopo il ricorso della procura della repubblica di Taranto contro la legge “salva-ILVA” per conflitto di attribuzione fra poteri, potrebbe approdare anche l’eccezione di incostituzionalità della legge, che la stessa procura potrebbe chiedere al Tribunale dell’appello, durante la discussione sul sequestro dei prodotti. Il perno dell’azione della magistratura ruota intorno alla considerazione formulata dai magistrati guidati dal procuratore capo Franco Sebastio: la legge “salva-ILVA” lede il principio costituzionale secondo il quale l’azione penale è obbligatoria.
La magistratura chiede alla Corte Costituzionale di risolvere il conflitto creato dalla legge: a chi spetta reprimere i reati di inquinamento? Per i prossimi 36 mesi, periodo imposto dalla legge “salva-ILVA”, al fine di completare le opere di eco-compatibiltà in fabbrica, l’esercizio dell’azione penale viene di fatto sospeso ed è il governo a occuparsi di una materia che i giudici ritengono sottratta alla loro competenza. Fino alla pronuncia della Corte, però, i granelli di sabbia, scorreranno lentissimi nella clessidra del nuovo anno, nell’imbuto del futuro. Chiusi dentro la strettoia una città di 190mila abitanti, Taranto, e 11mila operai che con l’indotto arrivano a 15mila.
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