Non solo scontri
Questa settimana si è tenuto lo sciopero generale europeo contro il rigore economico. Lo scipero ha visto uns grande partecipazione popolare anche in Italia. Decine di migliaia di manifestanti per le strade e le piazze di 87 città. Ma purtroppo ci sono stati anche tafferugli e violenze. Scontri anche in Spagna, con un bilancio di 74 feriti e 118 fermati. Quaranta le città del Portogallo in cui si sono svolte manifestazioni, cinque i feriti a Lisbona.
Quest'oggi però sul blog ne vogliamo parlare fornendovi una chiave di lettura diversa. Lo facciamo con l'editoriale di Ezio Mauro che trovate sul quotidiano La Repubblica di venerdì.
Nel farlo, la polizia ha il dovere di ricordarsi di essere al servizio di uno Stato democratico e dunque mentre garantisce la sicurezza dei cittadini - tutti, anche i manifestanti - deve evitare l'abuso di potere e l'esercizio di una violenza di Stato che purtroppo abbiamo già visto altre volte andare vergognosamente in scena nelle nostre città. E che abbiamo documentato anche ieri, portando il governo a prenderne atto.
Ma detto questo c'è tutto il resto, di cui non si parla. La coesione sociale di questo Paese ha del miracoloso di fronte al processo di esclusione di un pezzo di società dal sistema occidentale di garanzie in cui eravamo cresciuti per decenni. La crisi che stiamo tutti vivendo ha accentuato fortemente la disuguaglianza sociale, che è diventata una cifra dell'epoca, esplosiva. In un Paese irrisolto e malato come l'Italia questa disuguaglianza è diventata sproporzione. E tuttavia il capitale sociale ha tenuto: un insieme di relazioni, interdipendenze, fiducia e speranza, connessioni, che ha consentito al "sistema" di essere tale anche sotto l'urto della crisi.
Quegli studenti e quegli operai che sono andati in piazza, disorganizzati e divisi in mille rivoli, rappresentano l'irruzione in scena di ciò che è stato escluso, nel senso vero e proprio del termine: tagliato fuori. Un ceto, una fascia di popolazione, una generazione, possono essere compressi fino all'irrilevanza sociale, dunque politica, cioè fino all'invisibilità. È quanto sta accadendo nelle nostre società, sotto i nostri sguardi che non vedono. E tutto ciò, com'è naturale, avviene attorno alla questione capitale di una società democratica, che è la questione del lavoro.
Ma detto questo c'è tutto il resto, di cui non si parla. La coesione sociale di questo Paese ha del miracoloso di fronte al processo di esclusione di un pezzo di società dal sistema occidentale di garanzie in cui eravamo cresciuti per decenni. La crisi che stiamo tutti vivendo ha accentuato fortemente la disuguaglianza sociale, che è diventata una cifra dell'epoca, esplosiva. In un Paese irrisolto e malato come l'Italia questa disuguaglianza è diventata sproporzione. E tuttavia il capitale sociale ha tenuto: un insieme di relazioni, interdipendenze, fiducia e speranza, connessioni, che ha consentito al "sistema" di essere tale anche sotto l'urto della crisi.
Aggiungiamo la frammentazione dei soggetti sociali e delle loro culture di riferimento, l'egemonia culturale di un neo-liberismo storpiato all'italiana in una falsa ideologia che consentiva ogni dismisura e scusava qualsiasi privilegio, giustificando e applaudendo qualunque abuso.
Quegli studenti e quegli operai che sono andati in piazza, disorganizzati e divisi in mille rivoli, rappresentano l'irruzione in scena di ciò che è stato escluso, nel senso vero e proprio del termine: tagliato fuori. Un ceto, una fascia di popolazione, una generazione, possono essere compressi fino all'irrilevanza sociale, dunque politica, cioè fino all'invisibilità. È quanto sta accadendo nelle nostre società, sotto i nostri sguardi che non vedono. E tutto ciò, com'è naturale, avviene attorno alla questione capitale di una società democratica, che è la questione del lavoro.