Quel Pd in piazza «per ascoltare»


Oltre novecento città in tutto il mondo si preparano alla manifestazione degli "indignati".

Giovani, disoccupati e precari replicheranno la protesta organizzata a Madrid lo scorso 15 maggio, con presidi ininterrotti dei luoghi cruciali della capitale spagnola. In alcune città la mobilitazione si attende imponente: a Roma  sono attesi fino a 150mila partecipanti, una folla eterogenea di organizzazioni extraparlamentari, sigle sindacali, movimenti no global, così come collettivi studenteschi e singoli cittadini.

Di seguito vi riportiamo il comunicato di Fausto Raciti Segretario nazionale Giovani democratici, perchè anche noi Democratici saremo in piazza.


Come da rituale, il dibattito attorno alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questi giorni e di cui la data europea del 15 ottobre rappresenta la prima vera tappa, riguarda principalmente le preoccupazioni relative alla sicurezza e all'ordine pubblico. Sono preoccupazioni comprensibili, certo, ma non spiegano nulla di ciò che di importante sta avvenendo.

Allora può valere la pena ascoltare le parole del Presidente degli Stati Uniti, che davanti manifestazioni a Wall Street ha detto: “E' la voce degli americani frustrati dal funzionamento delle strutture economiche e finanziarie di questo Paese”.

La frustrazione di cui parla Obama però nasce qui, nell'Europa messa sotto scacco dalla crisi dei debiti sovrani e del divorzio tra economia e sovranità democratica. Messi all'indice, questa volta, sono la finanza e le sue regole. In Italia, in particolare, è sotto accusa la lettera della Banca centrale europea come tentativo di sostituirsi, da parte di quest'ultima, al Parlamento, arrivando addirittura a prescrivere in che direzione modificare la Costituzione, il fondamento del patto tra Repubblica e cittadini. In questo senso, abbiamo di fronte un movimento che immette anticorpi dentro le nostre democrazie malaticce.

Un movimento possibile perché nato da una generazione che ha conosciuto il divario tra ricchi e poveri nella forma dell'esclusione dall'età adulta. La democrazia e gli spazi della politica sono, finalmente, i veri oggetti del contendere, in un sistema nel quale la sovranità democratica sembra essere sospesa in nome dei diktat della finanza e delle sue strutture e in cui la politica viene ridotta a tecnocrazia in nome di leggi economiche che pretendono di farsi scienza esatta. Dentro un mondo alla rovescia questo movimento è forse il primo e forte segnale del bisogno di trovare un ordine giusto alle cose e il primo segnale di consapevolezza che non sarà il ritorno alle ricette della vecchia e solida socialdemocrazia del compromesso tra stato e mercato a restituirlo, ma che il nodo irrisolto riguarda la natura e gli obiettivi della costruzione europea.

Non era forse per questo che è nato il Partito democratico? Non è forse per questo che siamo tra i più fermamente europeisti? L'Europa è lo strumento per colmare l'asimmetria tra democrazie piccole e povere e mercati finanziari veloci, onnipotenti ed invasivi il cui prevalere ha affermato l'idea che la cittadinanza debba passare essenzialmente per il consumo e che nessuno meglio del libero mercato possa garantire gli interessi della collettività. Uno dei grandi temi del movimento operaio in Italia è stato quello del passaggio “da sfruttati a produttori”.

Oggi, invece, il problema inedito con cui confrontarsi è quello del salto da consumatori a cittadini. E' da questa base che vanno difesi e reinventati il nostro welfare, il nostro sistema della conoscenza, i nostri meccanismi di rappresentanza democratica, il nostro modello di sviluppo, ripartendo da quel libro bianco di Delors rimasto solo una promessa. Se la sinistra non si fa carico di queste grandi domande, non riuscirà nemmeno a rendere credibile la possibilità di cambiamenti più piccoli.

Per questo il 15 è una data importante e dentro la quale, insieme al comitato contro la precarietà, "Il nostro tempo è adesso", noi ci saremo. 

Anche per contrastare chi cerca di mettere cappelli su un movimento plurale o spingere, da dentro e da fuori, una generazione sulla strada dell'antipolitica: su quella strada si incontrano solo Della Valle, Montezemolo, o, peggio, un ribellismo impotente e violento. Le battaglie referendarie sono senza dubbio un precendete che lascia ben sperare.

Aldo Moro di fronte al '68 disse: “Vi sono certo dati sconcertanti, di fronte ai quali chi abbia responsabilità decisive non può restare indifferente: la violenza talvolta, una confusione ad un tempo inquietante e paralizzante, il semplicismo scarsamente efficace di certe impostazioni, sono si un dato reale ed anche preoccupante. Ma sono, tuttavia, un fatto, benché grave, di superficie. Nel profondo, è una nuova umanità che vuole farsi, è il moto irresistibile della storia. Di contro a sconcertanti e, forse, transitorie esperienze c’è quello che solo vale ed al quale bisogna inchinarsi, un nuovo modo di essere nella condizione umana”.  Un buon promemoria anche per il Partito democratico.

Fausto Raciti Segretario nazionale Giovani democratici

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