L'affaire Cascinazza
Istigazione alla corruzione: con questa accusa la Procura di Monza ha iscritto mercoledì nel registro degli indagati Paolo Berlusconi e l’ex ministro Paolo Romani, in merito alla vicenda urbanistica della Cascinazza, un'area agricola da 50 ettari di proprietà della famiglia Berlusconi dal 1980 al 2008. Berlusconi e Romani, indagati insieme con altre tre persone, avrebbero fatto pressioni indebite su alcuni consiglieri comunali di Monza per far passare la variante del Pgt in consiglio. Romani è stato assessore a Monza dal 2007, nell'allora giunta azzurro-leghista.
Il settimanale L'Espresso dedica a questa brutta vicenda un approfondimento; lo trovate qui
Tangenti da 300 mila euro per approvare una nuova colata di cemento a Monza e regalare più di 50 milioni di euro a Paolo Berlusconi. L'onorevole Paolo Romani e il fratello dell'ex premier sono al centro di una nuova inchiesta della Procura di Monza, che indaga su una tentata "compravendita" di consiglieri comunali in piena campagna elettorale. Obiettivo: far approvare una maxi-variante urbanistica che avrebbe reso edificabile anche una grande area ora vincolata a verde, chiamata Cascinazza, garantendo una ricchissima plusvalenza a Paolo Berlusconi.
L'accusa di "istigazione alla corruzione" si fonda su intercettazioni telefoniche molto esplicite. Silvio Berlusconi non risulta indagato ma alcuni dei politici e faccendieri intercettati sono stati contattati anche da lui personalmente, per concordare incontri riservati ad Arcore. L'indagine che ora coinvolge anche l'ex ministro Romani e Paolo Berlusconi era in corso da mesi ma finora era stata tenuta segreta dai magistrati per non interferire sulle elezioni. Ribaltando i risultati del 2007, i cittadini di Monza hanno spedito all'opposizione Pdl e Lega eleggendo un sindaco di centrosinistra, Roberto Scanagatti, con più del 63 per cento dei voti. Chiuso il ballottaggio, in procura sono cominciati i primi interrogatori. Al centro dell'inchiesta c'è una variante urbanistica da quattro milioni di metri cubi di cemento che l'ex giunta di centrodestra non è riuscita a far approvare nonostante pressioni di ogni tipo.
Negli anni Ottanta Paolo Berlusconi, il fratello minore di Silvio, aveva acquistato dalla famiglia Ramazzotti, a prezzi da fondo agricolo, una grande tenuta, chiamata Cascinazza. Mezzo milioni di metri quadrati vincolati a verde, perché quell'area è una delle poche dove può ancora sfogarsi il Lambro, un fiume già assediato da troppo cemento, che ad ogni nubifragio allaga pure Milano.
Dopo vent'anni di tentativi di abolire quel vincolo, nel 2008 Paolo Berlusconi ha venduto tutta l'area a una società controllata al 70 per cento dalla famiglia Cabassi e da altri soci come il costruttore Gabriele Sabatini. Il fratello del Cavaliere resta però interessato all'affare: finora ha incassato un anticipo di 40 milioni, ma se un domani la Cascinazza diventasse edificabile, ne intascherebbe altri 52.
L'ex giunta Lega-Pdl ha tentato di far passare la variante fino all'ultimo consiglio comunale, scontrandosi però non solo con l'opposizione, che da sempre gridava allo scandalo, ma anche con le resistenze di alcuni consiglieri di maggioranza, allarmati da una cementificazione che avrebbe rischiato di creare una specie di Monza-bis con ben 40 mila abitanti in più.
Ora le intercettazioni ricostruiscono i retroscena inconfessabili
di quella tentata manovra politico-edilizia.
DoppiaM