Sulle quota rosa


Da ieri è iniziata alla camera la discussione sulla nuova legge elettorale, dopo l'accordo di massima raggiunto tra i partiti sull'Italicum. Sul tavolo oltre ottanta emendamenti che andranno discussi in questi giorni sulla base delle proposte provenienti da ogni partito.

La discussione ieri si è concentrata sulla “rappresentanza di genere obbligatoria”, quell'insieme di norme che potrebbero garantire la presenza delle donne nelle liste elettorali, e che sta avendo appoggio bipartisan dai deputati dei vari schieramenti.

Emendamenti che, con i voti di ieri sera, non sono stati in alcun modo approvati. La discussione si presta a semplificazioni, ma il tema è ben più complicato dal prestarsi alla rappresentazione manichea data dai media.

Quella che appare come una guerra dei sessi si configura come una difesa di posizioni di potere da parte di un parlamento di nominati, che resteranno tali anche dopo l'approvazione dell'Italicum.

Ne parla bene Filippo Facci su un articolo pubblicato su Libero (la pluralità del pensiero non ideologico permette anche certe letture):
È discretamente ipocrita l’ipotesi di «quote rosa» intese come obbligo di una «rappresentanza di genere», ciò che richiedono molte deputate ansiose di riconferma. È ipocrita a sinistra ma soprattutto a destra, e lo è in particolare in un Parlamento gravato dal Porcellum dei nominati, che tali resterebbero anche nell’Italicum. Per argomentarlo non occorre riaffermare le critiche più note al concetto di quota rosa: anche perché chi scrive, alle quote rosa, in alcuni casi è anche favorevole: perché restano ingiuste, sì, ma paiono funzionare. 
Il punto è un altro. Le quote rosa in Parlamento ci sono già, senza contare quelle che ci sono anche nei governi. Sono quote informali, non codificate, quote che raccontano l’inciviltà del nostro Paese sulla parità di genere: non il contrario. Sono quote basate sul fatto che a compilare le liste restano uomini. E sono quote che, anche se a compilarle fossero donne, resterebbero figlie del Porcellum e quindi di un clientelismo femminile al posto di uno maschile. Insomma sono quote, così come sono, che dovrebbero offendere le donne perché imperniate su un’immagine ornamentale e sul dettaglio che i singoli parlamentari non contano quasi più nulla.
In più c’è un aggravante: molte parlamentari su tutto questo ci marciano.

La situazione delle donne in Italia è davvero pietosa, e non solo per le violenze che subiscono ogni giorni, o come dimostrano i dati provenienti da molti indicatori. Non sarà una legge di questo tipo a cambiare le condizioni delle donne, a consentire una parità nella società ancora lontana da raggiungere, anche se probabilmente è questo il passaggio dovuto per una società più sana, in cui venga riconosciuto il ruolo della donna. I partiti dal canto loro possono fare molto effettuando scelte di questo mirate a favorire, in questo periodo storico, una parità di rappresentanza.

Il Partito Democratico si è presentato con una posizione sicuramente non chiara, lasciando libertà di coscienza ai propri rappresentanti in Parlamento, in virtù del patto che prevede l'approvazione della nuova legge elettorale.
Ma, prima di affollare il banco delle accuse, bisognerebbe ricordare alcuni dati.
Ad oggi la media di donne nel Parlamento Italiano è del 33%, nella media della situazione europea.
Il Pd, in particolare, ha sempre evidenziato questa sua sensibilità tanto che, senza alcun obbligo normativo, il 41% dei suoi rappresentanti sono donne. Il M5S ha una percentuale del 35%, Scelta Civica il 22%, come il PDL, Sel il 20% e la Lega il 14%.
Per dire.

p.s. Ne approfittiamo per ricordarvi la nuova pagina facebook del nostro circolo e il nuovissimo profilo twitter @pdbrugherio

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