Abbracciare i Cinesi

 

La tragedia di Prato non porta in noi lo stesso afflatto di mestizia che abbiamo avuto per ogni tragedia. Come se fosse avvenuta un mondo lontano, che non conosciamo e che non ci appartiene.
Come se i Cinesi che vivono ammassati nello stesso luogo dove lavorano non fossero un nostro problema. Lo sappiamo anche noi, qui a Brugherio, con la nostra piccola Chinatown e la tragedia sfiorata nell'incendio dello scorso anno.

Ne parla, in un articolo notevole, Adriano Sofri sulla Stampa: 

La commozione è arbitraria, anche in mezzo a una tragedia vi sopraffà con un dettaglio. Sul pavimento nero di acqua e cenere erano i bottoni: centinaia, migliaia di bottoni disseminati di ogni misura e colore. Archeologia contemporanea, un tappeto di bottoni alla deriva per una Pompei di cinesi a Prato. Un’altra cosa colpiva e quasi esasperava: che, di qua dai cordoni tesi per proteggere la fatica dei soccorritori, gli italiani –e telecamere fotografi e cronisti- stessero nei propri capannelli, e i cinesi, giovani quasi tutti, donne e uomini, e qualche bambino, nei loro. Eppure faceva molto freddo e tirava un gran vento, lo stesso freddo e lo stesso vento per cinesi e italiani.
 Non credo né al cinismo né all’ottusità, piuttosto a un’abitudine a pensare che gli altri non vogliano avere a che fare con noi, che se ne stiano fra loro. Lo pensiamo senz’altro dei cinesi –non senza buone ragioni- e probabilmente lo pensano i cinesi di noi, e anche loro hanno qualche ragione… Però ieri erano lì per i loro morti, e bisognava andargli in mezzo, dar loro la mano, abbracciarli, con rispetto, ma senza esitazione. Si sarebbe scoperto che erano pronti a fare altrettanto. Che avrebbero usato il loro italiano, quelli che ce l’hanno, per dirvi che là c’era un fratello, uno zio, una cugina, e se sapeste niente dei morti, quanti, e come si chiamassero. Sarebbe stato il giorno di una tragedia terribile, ma anche il giorno in cui gli italiani e i cinesi si abbracciarono. 

(continua sulla pagina facebook di Sofri)

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