Riformare l'ora di religione


Un argomento di cui periodicamente si discute senza però trovare una soluzione è  l’insegnamento della religione nella scuola pubblica.

Il ministro Profumo ha posto una questione giusta e all’ordine del giorno. Nessuno può negare che ci sia un’evidente carenza nella scuola italiana di oggi per quanto riguarda l’offerta formativa alternativa a chi non frequenta l’ora di religione cattolica. 

A tal proposito, una delle opinioni più interessanti, costruttive e pacate espressa in questi giorni è quella di Gian Enrico Rusconi (la trovate sul quotidiano La Stampa in edicola quest'oggi):

Un passaggio significativo che fa comprendere la complessità dell'argomento è il seguente:


in Italia «cresce paurosamente l’incultura religiosa, che non ha nulla a che vedere con la laicità» e per questo servirebbe una formazione più seria degli insegnanti di religione.

Leggiamo dal sito de Il Post:

Ciclicamente sorge il problema dell’insegnamento della religione nella scuola pubblica. Tutti gli argomenti sono stati usati e spesi, con risultati modesti, salvo la possibilità dell’esenzione dall’ora di religione. Sino a qualche anno fa il problema veniva sollevato soprattutto in nome del principio della laicità dell’educazione pubblica. Le richieste che ne seguivano erano molto articolate – dalla soppressione pura e semplice dell’ora di religione alla istituzione sostitutiva di una lezione di etica, all’introduzione della storia delle religioni, Tutte le proposte sono sempre state contestate e respinte dai rappresentanti (quelli che contano) del mondo cattolico.

Nel frattempo si sono aggiunte altre problematiche: l’enfasi sulle «radici cristiane» della nostra cultura (argomento poi vergognosamente politicizzato), la presenza crescente di allievi di altre religioni (con riferimento costante se non esclusivo a quella islamica) e i discorsi sempre più frequenti sul ritorno e «il ruolo pubblico delle religioni».

Il tutto si è accompagnato con crescente deferenza pubblica verso la Chiesa la cui posizione dottrinale poco alla volta ha acquistato la funzione surrogatoria di una «religione civile». Si è creato l’equivoco di misurare i criteri dell’etica pubblica sulle indicazioni della dottrina della Chiesa – senza preoccuparsi della effettiva adesione ad essa dei comportamenti dei cittadini che dicono di essere credenti. Il tasso di trasgressione delle indicazioni ecclesiastiche da parte dei cittadini italiani non è affatto minore di quella general  e dei Paesi considerati più secolarizzati.


Nel nostro Paese cresce paurosamente l’incultura religiosa, 
che non ha nulla a che vedere con la laicità. 


Anche se gli uomini di Chiesa ne danno volentieri la colpa al laicismo, al relativismo, al nichilismo ecc. 
Solo i più sensibili si interrogano sul paradosso della crescente incultura religiosa in un Paese dove la Chiesa è accreditata di un’enorme autorità morale. Solo i più sensibili si chiedono se non c’è qualcosa che non va in un magistero e in una strategia comunicativa che rischia di impoverirsi teologicamente, perché tutta assorbita dalla preoccupazione per quelli che sono chiamati perentoriamente «i valori», a loro volta monopolizzati dai temi della «vita» e della «famiglia naturale», sostenuti e trattati con fragili argomentazioni teologiche. Una particolare (discutibile) antropologia morale ha preso il posto della riflessione teologica. So che è un discorso impegnativo e complicato, da rimandare ad altra sede. Ma c’entra con il nostro tema.

La stragrande maggioranza delle famiglie italiane – loro stesse caratterizzate da basso tasso di cultura religiosa – mandano i figli all’ora di religione perché «fa loro bene». Lo considerano un surrogato di insegnamento morale, senza troppo preoccuparsi dei contenuti. Anzi sono ben contenti che i ragazzi non fanno «lezione di catechismo» - come assicurano molti degli insegnanti cattolici. Ma qui nasce un altro brutto paradosso. Certamente è giusto che non si faccia catechismo. 

Ma la lezione di religione deve comunque fornire contenuti di conoscenza su che cosa significa avere una fede. La sua origine, la sua storia, la sua evoluzione, i suoi conflitti interni, le differenze rispetto alle altre religioni ma anche il loro confronto positivo. Tutto questo per noi è «storia delle religioni», anche a partire dalla centralità del cristianesimo, che – sia detto per inciso - teologicamente parlando non coincide con il cattolicesimo.

La responsabile scuola del partito democratico, Francesca Profumo a tal proposito ha dichiarto: "Speriamo che la boutade del ministro Profumo sull'ora di religione non serva a distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica dal bisogno di risorse della scuola italiana o, peggio, dai nuovi tagli che il governo ha in animo di fare e che il Pd è pronto a contrastare in ogni modo".

"L'intercultura deve diventare realtà nella scuola italiana e attraversare tutti i programmi di ciò che i ragazzi e le ragazze apprendono. Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare. il programma dell'ora di religione discende dal Concordato tra Stato e Chiesa. Il Governo Monti vuole modificarlo?".

"Il primo atto concreto che potrebbe realizzare il Ministro Profumo è assegnare alle scuole gli insegnanti che servono per poter svolgere l'ora di alternativa, invece di costringere gli studenti a dover abbandonare la classe o di studiare in palestra mentre attendono chi ha scelto di frequentare l'ora di religione".


DoppiaM

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