Dal nostro inviato a Londra

La nostra capogruppo del PD, Patrizia Gioacchini, si trova in questi giorni a Londra per lavoro; è arrivata proprio il giorno delle elezioni. In questo post ci racconta qualche interessante curiosità di questo importante appuntamento per la politica britannica ed europea.

Sono arrivata a Londra il giorno delle elezioni: avevo seguito sui giornali italiani l’evoluzione della campagna elettorale, mi ero appassionata ai dibattiti televisivi, mi ero incuriosita per la grande e improvvisa popolarità del “terzo incomodo”: dall’ Italia si percepiva l’aria di una vigilia piena di incertezze e anch’io ero curiosa di sapere come sarebbe finita ….

Era anche la prima volta che mi capitava di essere qui in occasione delle elezioni nazionali, volevo verificare di persona come vanno queste cose in un altro paese.

Sapevo già grosso modo come funzionava da queste parti, ma le diversità con l’Italia mi sono apparse ancora più stridenti viste da vicino: dal finestrino dell’auto che mi portava a casa vedevo il solito scenario di un qualunque giorno lavorativo, era un giovedì come tanti altri: la gente andava regolarmente al lavoro, i ragazzi uscivano da scuola, pochi manifesti in strada, il giornale radio non citava nemmeno la parola elezioni.

Qui la campagna elettorale si conclude il giorno prima, poi silenzio totale fino alla chiusura dei seggi, nemmeno i dati di affluenza alle urne.
Si vota sempre in un unico giorno, feriale per di più, dalle 7 alle 22. Lo spoglio non avviene al seggio ma le urne vengono portate in postazioni centralizzate.
I seggi sono luoghi molto comuni, chiese, pub, centri sportivi, ecc, nessun edificio di interesse pubblico deve essere distratto dal suo compito.
Ho accompagnato gli amici al seggio, formato solo da volontari, ci si presenta con la sola scheda elettorale e non viene richiesto alcun documento d’identità.

I candidati fanno molta campagna porta a porta, non esistono spazi elettorali messi a disposizione, i sostenitori del partito offrono spazi personali, tipo la finestra o il portone di casa propria, per mettere un’indicazione a favore del proprio schieramento.

Il giorno dopo apprendiamo che l’affluenza è stata molto alta per questo paese, il 65%.

Il sistema maggioritario ha regole ferree, in ogni collegio vince chi conquista un voto in più dell’avversario, così pur essendo la differenza tra laburisti e liberal-democratici molto contenuta, 29% i primi, 23% i secondi, ai primi sono andati 258 seggi, ai secondi solo 57; ai conservatori sono andati 306 seggi con il 36%.

Ma la vera sorpresa è che per la prima volta, dal 1974, non si raggiunge la maggioranza assoluta e nessun partito è in grado di governare da solo: le elezioni hanno portato a un “hung parliament” che una traduzione corretta definisce parlamento “in sospeso” - i primi commentatori hanno parlato di parlamento “impiccato”!

Serve un accordo fra due dei tre candidati, e allora ecco che la politica inizia a mostrare un volto noto a tutti: chi è al potere non ha nessuna intenzione di farsi da parte, chi ha avuto più voti spinge per entrare, chi ne ha meno di tutti capisce di essere l’ago della bilancia e di essere in una posizione di assoluto privilegio.

Al cronista improvvisato non è dato di capire come andrà a finire, ma la domanda sorge spontanea: quale sistema è da preferire?

Non credo che gli inglesi abbiano trovato il sistema migliore ma forse qualche idea la si potrebbe importare ….

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