Salario minimo: un valore identitario

“Il salario minimo per noi ha un valore identitario: se i salari sono fermi da decenni, se dilaga il precariato, la sinistra del passato ha le sue colpe. Dobbiamo andare fino in fondo per recuperare credibilità e dimostrare che la destra, e in particolare la Lega che raccoglieva il voto operaio, al dunque si schiera sempre dall’altra parte”, inizia così Peppe Provenzano, Vicesegretario del PD, la sua intervista a La Stampa, e aggiunge: “Questa direttiva è un passo fondamentale nella direzione dell’Europa sociale, premessa necessaria al rilancio di quella politica. E la Repubblica fondata sul lavoro non può restare indietro.” 

“Il salario minimo non va introdotto perché ce lo chiede l’Europa, ma per i tre milioni e mezzo di lavoratori poveri. Bisogna intervenire presto, perché a settembre le bollette potrebbero salire ancora e dobbiamo arrivarci preparati, anticipando i contenuti della direttiva” e continua: “Sveliamo l’imbroglio della destra: non c’è alcuna contrapposizione tra il rafforzamento della contrattazione e l’introduzione di un salario minimo. La nostra proposta, quella su cui lavora il Ministro Orlando, tiene insieme i due aspetti. Noi non permetteremo che a pagare i costi di questa crisi e dell’inflazione siano i redditi medio bassi. L’urgenza è la questione salariale.” 

Provenzano continua: “Draghi è pienamente consapevole della difficile situazione sociale aggravata dalle conseguenze della guerra e dovrà tener conto di questa maggioranza: i no ideologici della destra possono essere superati rilanciando il dialogo sociale. Il governo ha il dovere, a partire dai problemi concreti, di riallacciare il filo del confronto con le organizzazioni sociali” e aggiunge: “Meloni, e purtroppo non solo lei, ha lanciato una crociata non contro la povertà, ma contro i poveri. Questa proposta è la solita guerra tra ultimi e penultimi.” 

Il Vicesegretario chiude: “A Palermo insieme combattiamo contro una destra che vede il ritorno di personaggi impresentabili come Dell’Utri e Cuffaro, uno condannato per concorso esterno e l’altro per aver favorito dei mafiosi. Alla fine, contano le battaglie che si fanno.” 

Intervista integrale su La Stampa

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